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Off-Topic, non solo auto => BAR idaffiano => Discussione aperta da: Onlyford il 15 Maggio 2011, 23:01:24

Titolo: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 15 Maggio 2011, 23:01:24
Stasera d'avanti ad un piatto di carne accompagnato da un buon vino,io e la mia futura consorte siamo incappati in una discussione interessante di come siano nati certi oggetti...e ne ho voluto pubblicare un post che spero di aggiornare continuamente e spero che sia interessante:


La penna a sfera

La penna attuale prende il nome dalla penna d'oca,
(http://img717.imageshack.us/img717/8660/pennacalamaio.jpg)
la quale, intinta in un calamaio contenente inchiostro costituiva uno dei primi mezzi raffinati di scrittura. Successivamente alla penna d'oca pura e semplice fu aggiunto un pennino metallico che garantiva una maggiore resistenza della punta ed una maggiore uniformità del tratto.
(http://img857.imageshack.us/img857/4989/bicz.jpg)

Poco costose, affidabili e senza necessità di manutenzione, le penne a sfera hanno in gran parte rimpiazzato le penne stilografiche.
La punta della penna a sfera è realizzata normalmente in ottone, in alpacca o in acciaio inossidabile. All'interno della punta vi è una cavità che contiene un inchiostro viscoso che viene distribuito sulla carta grazie al rotolamento di una piccola sfera metallica (del diametro compreso tra 0.38 e 1.6 millimetri) posta all'estremità della punta.

L'inchiostro si secca quasi immediatamente al contatto della carta, che deve essere preferibilmente un poco porosa.

I primi progetti della penna a sfera sembrano essere stati creati da Leonardo da Vinci. Era un semplice tubo d'ottone che si restringeva alla fine con delle scanalature che permettevano il passaggio dell'inchiostro alla sfera che chiudeva il tubicino d'ottone. La penna a sfera venne poi ideata dal giornalista ungherese László József Bíró nel 1938. Vedendo una palla che, uscita da una pozzanghera, lasciava una scia sulla terra, Bíró pensò che questo principio potesse valere anche con l'inchiostro.

La prima penna a sfera venne messa in vendita il 29 ottobre 1945 in un grande magazzino a New York al prezzo di 12,50$.

Sembra che il primo a chiamare comunemente la penna a sfera biro sia stato Italo Calvino, dal nome del suo inventore.

Nel tempo la penna a sfera subì evoluzioni ed adattamenti rispetto allo sviluppo tecnologico ed alle regioni di utilizzo.

Mentre in Cina ed in molti paesi asiatici vengono preferite le punte da 0,38 a 0,7 mm di diametro, che meglio si adattano alla scrittura a ideogrammi, nei paesi occidentali, al contrario, è di gran lunga più utilizzata la misura da 1 mm.

Recentemente grazie allo sviluppo di nuovi inchiostri alcuni produttori hanno introdotto misure di sfera maggiorate fino a 1,6 mm che costituisce attualmente il limite massimo reperibile in commercio. I motivi che impediscono per il momento l'utilizzo di sfere di maggiore diametro sono principalmente due:

il rischio di fuoriuscita accidentale di inchiostro dalla punta
la difficoltà che la punta avrebbe nello scrivere immediatamente dopo l'appoggio sul foglio (proprietà tecnicamente detta starting).
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 16 Maggio 2011, 18:04:15
Carta igienica

Le prime tracce dell'utilizzo della carta igienica risalgono al XIV secolo in Cina ad utilizzo della famiglia imperiale
Prima della carta igienica, i cinesi utilizzavano delle asticelle in legno

(http://img41.imageshack.us/img41/194/200pxnaraperiodtoiletpa.jpg)

La carta igienica ha compiuto ben 154 anni. Correva l'anno 1857 e il newyorkese Joseph Gayetty ebbe l'idea d'inventare la prima carta igienica dopo aver utilizzato lui stesso ciuffi d'erba e foglie strappate dalle aiuole della cittadina americana. Con sottili fogli pressati e lubrificati con aloe in funzione anti-emorroidi fece il prototipo della carta igienica.
Negli Stati Uniti venne prodotta industrialmente la prima carta per uso esclusivamente igienico da Joseph Gayetty, il cui nome era stampato su ogni singolo foglio. 50 centesimi di oggi per una confezione che conteneva più di 500 strappi, ma la sua brillante intuizione non diede frutti infatti, subito dopo fallì.
Alcuni anni dopo, nel 1879, la Scott Paper Company mise in commercio la prima carta igienica in rotoli seguiti poco dopo dai rotoli perforati.
Nel 1942 con la prima carta a doppio velo, St. Andrew's Paper Mill, la carta igienica in Inghilterra diventa più soffice e robusta.
In Italia la carta igienica fu considerata un lusso fino alla seconda metà del XX secolo, quando divenne un prodotto di uso popolare.
Oggi il formato più diffuso è il rotolo bianco a doppio velo goffrato, ma sono disponibili sul mercato rotoli colorati o decorati, profumati o a più veli (fino a cinque). Sono disponibili anche rotoli caratterizzati da decorazioni come fumetti, barzellette e volti di personaggi politici.

(http://img199.imageshack.us/img199/3273/200pxsoldiigienici.jpg) (http://img228.imageshack.us/img228/4098/200pxsudokusucartaigien.jpg)

Le misure standard del taglio sono 97 mm di altezza e 126 mm di larghezza.
La composizione della carta igienica differisce dalle altre carte (ad esempio i fazzoletti di carta) perché è in grado di disfarsi con l'acqua e di decomporsi più rapidamente nelle fosse biologiche.
Il mercato della carta igienica in Europa vale 8,5 miliardi di euro e rappresenta il 26% del consumo mondiale. Ogni europeo ne consuma in media 13 kg ogni anno, per un consumo totale nell'intera Europa pari a 5,5 milioni di tonnellate o 22 miliardi di rotoli complessivi. Questa produzione richiede perciò complessivamente il consumo di circa 42~52 milioni di tonnellate di legname per anno, corrispondenti a circa 400-500 milioni di alberi di medie dimensioni abbattuti ogni anno per questo consumo.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Able007 il 16 Maggio 2011, 19:14:00
la mia carta igenica preferita è nero azzura!!!!!!!!!!

uhauhauahuahauhuahauh  ;D  ;D  ;D
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Able007 il 16 Maggio 2011, 19:39:04
PRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 16 Maggio 2011, 19:55:11
hahahaahahhaahahhahahahaha
mi aspettavo delle battute dopo questo post!infatti sono arrivate!
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: el gigi il 16 Maggio 2011, 20:45:46
Citazione di: Abega il 16 Maggio 2011, 19:27:54
certo che, detto da zeru titoli fa effetto!
;D  ;D  ;D  ;D

beccati questa, Filì!
a te ed ai bianconeri...  ;D ;D ;D ;D ;D


Grande Abega  :D ;D ;D ;D ;D ;D ;D
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Claudio M il 16 Maggio 2011, 20:50:23
Bravo Onlyfocus, questi sono i post bellissimi alla Aliseo, ne ho fatti a decine e decine e con migliai di visite, continuamo cosi, bravo.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 16 Maggio 2011, 20:57:25
Grazie aliseo!!!!!
Cmq e onlyford  ;)
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Claudio M il 16 Maggio 2011, 21:00:18
E allora anche io voglio dare il mio contributo con una stranezza storica.

Questa notizia l'ho sentita stamane in tivvu'

Conosce il bellissimo genere musicale di Giuliano Palma? Questo genere si chiama "SKA" e se pensate come pensavo io che, fosse un genere relativamente recente ... ebbene NO.

Ecco la sua storia:

La Giamaica voi ben sapete che e' la patria del reggae, ebbene nei primi anno sessanta, in quel paese povero, tanto povero da non poter comprare i dischi la gente ascoltava la radio e ballava, ma la musica ascoltata non era il reggae, bensi lo ska, ma nel 1966 ci fu un'estate talmente calda che i programmi musicali (allora rigorosamente in diretta) erano troppo faticosi, si sudava troppo, anche per che se ci fate caso lo ska ha un ritmo molto incalzante, per cui si decise di rallentarlo ... ebbene quella fu la nascita del reggae.

Se ci fate caso il reggae  e lo ska hanno lo stesso identico ritmo, solo che quest'ultimo ha un andamento molto piu' veloce.

Cosi' ... tanto per dire!
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Claudio M il 16 Maggio 2011, 21:00:53
Citazione di: Onlyford il 16 Maggio 2011, 20:57:25
Grazie aliseo!!!!!
Cmq e onlyford  ;)


Sempre Ford e'!  :P
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 16 Maggio 2011, 21:14:41
Quello si,ma la prima macchina era un fiestino :-)
Mi fa piacere che hai postato anche te!
Lo considero un'onore
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 16 Maggio 2011, 22:02:10
Accendino

Oggi gli accendini sono un'oggetto di uso così comune, il primo produttore la BIC dice di produrne 1.5 miliardi ogni anno, che ci dimentichiamo che sono una invenzione straordinaria. In qualsiasi posto, in qualsiasi momento premi un bottone o sfreghi una rotella e ecco il fuoco !

L'accendino fu inventato nel 1816, fu battezzato Lampada di Dobereiner ( chimico tedesco Johann Wolfgang Dobereiner ), ma l'accendino di Dobereiner non usava butano o benzina come combustibili ma l'Idrogeno che é molto esplosivo. Quindi non é l'oggetto che é stato inventato da D. ma il fatto che del combustibile venisse incendiato al tocco di un dito. Un altra differenza é nel meccanismo di accensione questo accendino che non é la pietra focaia o la scintilla pizoelettrica ma il costosissimo platino.

Un altra differenza é nelle dimensioni, la Lampada di D. era una sorta di accendino da tavolo, che però era diventato uno status symbol nell'alta società, i fumatori normali usavano i più economici fiammiferi - inventati poco dopo [ wiki Fiammiferi ] fino a che non fu perfezionato l'accendino a pietra focaia, già nel 1908 venivano prodotti accendini che potevano stare in tasca, la pietra focaia divenne una produzione di massa. Naturalmene l'uso del platino divenne obsoleto, era molto più semplice accendere con la pietra focaia uno stoppino che assorbiva il combustibile da un piccolo serbatoio.

Lo sviluppo dell'accendino continuò nella prima guerra mondiale perché i soldati usavano i fiammiferi per farsi luce o accendere sigarette ma l'iniziale vampata dei fiammiferi era molto visibile e a molti é costata la vita. Da qui la necessità di accendere ma senza la vampata iniziale, gli inventori continuarono a lavorare e alla fine della guerra nel 1918 l'accendino era molto più evoluto.

Poi gli anni '20 - periodo dell'Art Deco - l'abitudine a fumare si diffuse rapidamente e l'accendino divenne un oggetto alla moda. Gli accendini a pietra focaia si diffusero rapidamente.
Gli accendini restavano comunque un lusso, negli anni '30 George G. Blaisdell cominciando da un vecchi accendino austriaco, prima miglioro l'ergonomia dell'oggetto così che fosse comodo da tenere in mano, poi disegnò un riparo perforato per la fiamma che rese la fiamma resistente al vento! Infine modificò il serbatoio combustibile e aggiunse un cardine così da avere l'apertura flip-top = piega-tappo e ecco lo Zippo.

(http://img860.imageshack.us/img860/1295/zippoford.jpg)

Dopo la nascita della Zippo cominciarono a nascere altre aziende e la concorrenza fece scendere il prezzi e gli accendini arrivarono alla portata di tutti e poco dopo diventano anche oggetto da collezione. Ronson inventa per primo un accendino automatico alla fine degli anni '20 ma non trova popolarità fino alla diffusione degli Zippo, Duhill diventà più aggressiva nella produzione St Dupont aggiunge gli accendini alla loro line di prodotti e Colibri comincia a produrre i primi accendini automatici.

Si diceva che per le donne fumatrici il "click" di chiusura dello Zippo risultasse irresistibile, questo é un aspetto romantico dell'accendino che lo rendeva la novità del momento.

Il combustibile usato a quel tempo era una benzina oleosa derivata dal petrolio, funzionamento é quello dello Zippo, uno stoppino veniva acceso da un ruota di pietra focaia che faceva scintille su una punta di acciaio quando veniva fatta girare con un un dito. Negli anni '30 e '40 arrivarono delle grandi innovazioni, non é chiaro a chi attribuirle: Ronson cominciò a produrre accendini che usavano come combustibile il butano, che aveva questi vantaggi sulla benzina, la fiamma poteva essere regolata, non serviva più lo stoppino e l'odore era meno pungente.

Il metodo per accendere il gas degli accendini a butano era sembre basato sulla pietra focaia e adesso si cercava un sistema per andare oltre e fare a meno della sostituzione delle pietrine. Nei venti anni precedenti si diffondeva un'altra nuova tecnologia quella pizoelletrica e Ronson di nuovo fu il primo a accendere i suoi accendini a gas con una scintilla pizoelettrica cioè la scintilla viene prodotta esercitando una pressione su un cristallo di quarzo e questo genera la scintilla. Comunque ancora oggi troviamo i due sistemi di accensione e il Ronson - tra i fumatori - é ancora un oggetto di culto, dopo il fallimento dell'azienda nelgi anni '70 ecco ... i Ronson in plastica.

Ogni oggetto é diventato un accendino... ma dal 2008 gli accendini devono avere una sicura: o rotellina anti-bambino o se elettronici con bottone "indurito" cioé é necessaria una pressione di almeno 5Kg quindi per il momento tutte questi prodotti non arrivano più in Europa perché non nelle normative.

Tipi di Fiamma

Ai giorni nostri poi abbiamo accendini con diversi tipi di fiamme, a doppia fiamma o mista e il fumatore sofisticato sceglie appunto l'accendino adatto al tipo di pipa che usa, per le sigarette si sceglieranno degli accendini a fiamma naturale, per i sigari vanno sicuramente meglio accendini a torcia.

Torcia
- fiamma sottile a ago Questi sono gli accendini con la fiamma più calda, fino a 2500°C, il gas é miscelato all'aria dopo l'ugello ma prima di accendersi e ecco l'effetto fiamma ossidrica, anche se piegati la fiamma rimane come un ago sottile e segue la direzione dell'ugello quindi sono particolarmente indicati per sigari, pipe. E anche per ravvivare le carbonelle del Narghilé.

Resistenti al vento - fiamma larga a forma di cono. La fiamma é più ampia di quella degli accendini a torcia quindi accendono i sigari in qualche secondo e le sigarette in meno di un secondo. La fiamma é fatta per andare verso l'alto e é meglio tenerli sempre in verticale, come gli accendini a torcia questi possono essere usati in qualsiasi condizione del tempo, vicino all'ugello c'è una serpentina che diventa incandescente e é in grado di riaccendere il gas se soffiate o c'è vento.

Fiamma Verde Come gli accendini a torcia o resistenti al vento, all'inizio il colore della fiamma é azzurro poi diventa color verde brillante, perché c'è un catalizzatore sulla spirale che fa cambiare il colore della fiamma.

Fiamma Naturale Sono tutti gli accendini tradizionali dove il gas non si miscela con aria prima della combustione - é quello che genera l'effetto fiamma ossidrica e fa salire la temperatura. Sono adatti alle sigarette, accendere candele

Doppia Torcia Accendini a due fiamme che raggiungono le temperature più elevate, accendono tutto in brevissimo tempo usati principalmente per i sigari grandi, con le pipe bisogna stare attenti a non bruciarle

Doppia Fiamma: wind-proof e naturale Per l'uso dove per l'accensione é preferibile la fiamma naturale quindi accendere qualsiasi miscela di tabacchi, erba ma date le condizioni se la fiamma si spegne viene immediatamente riaccesa dalla fiammella wind-proof.

Principali aziende produttrici di accendini

BIC- primo produttore mondiale - 5 milioni di Accendini Bic venduti ogni giorno. Dopo aver conquistato il primo posto come maggior produttore mondiale di penne a sfera, marcel Bich si rivolse alla produzione di accendini ... nel 1971 acquisisce il controllo di una fabbrica di accendini francese FLAMINAIRE e nel 1973 lancia il primo accendino Bic con fiamma regolabile. Data l'elevata qualità, affiabilità e forma accattivante l'accendino Bic fu subito un successo. Poi nell'85 arrivò il Bic Mini e negli anni '90 il resto dei modelli.

Gli accendini BIC sono disponibili in 3 misure (maxi, slim and mini), con i 2 sistemi di accensione descritti prima (classic/standard e electronico), non sono ricaricabili. ... Come é fatto un Bic

Quante Fiamme ti da un Bic prima di esaurirsi? Fino a 3000.

Clipper / Smoking Circa mezzo secolo fa, la famiglia Puig fondò Flamagas, l'azienda a differenza della Bic é specializzata nella produzione di accendini ricaricabili e non, suoi sono i marchi Clipper [ Ricaricabile ], Brio [ non ricaricabile ] e Stylo, anche gli accendini Smoking sono Flamagas - modello Brio - la produzione giornaliera é di 500.000 pezzi.

Il Clipper con i suoi bellissimi disegni e mille colori [ Vedi ] é l'accendino più bello e pratico, da ricordare la funzione "tilt" dei nuovi Clipper, la fiamma é sempre naturale ma se inclinato aumena l'erogazione del gas, in questo modo l'accensione degli strumenti é facilitata e non c'é rischio di scottarsi le dita. L'azienda é vicino a Barcellona con stabilimenti in India e Cina.

Il disegno orignale del Clipper é di Bryant And May una ditta inglese di fiammiferi fondata nel secolo scorso

La Zippo Manufacturing Company venne fondata nel 1932 da George B. Blaisdell, a Bradford, in Pennsylvania, USA. Il suo celebre accendino Zippo deve il suo nome ad un altro prodotto dell'epoca che stava riscuotendo grande successo, cioè la cerniera lampo (zip).

La caratteristica principale dello Zippo è quella di aver mantenuto, dal 1932 ad oggi, una linea quasi identica; è proprio la sua forma a renderlo caratteristico e celebre. Lo Zippo è famoso per la sua praticità, e per il fatto che produce sempre la fiamma, anche quando tira vento. Altra caratteristica tipica dello Zippo è il fatto che, di ogni zippo, è possibile sapere almeno l'anno di costruzione (per gli accendini costruiti dal 1987 compreso in poi anche il mese) grazie ad un particolare codice inciso su ogni pezzo.

nel 1997 arriva lo Zippo Blu, uguale nella forma ma a gas e non più a benzina.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Claudio M il 16 Maggio 2011, 22:15:18
Forse per la tua giovane eta', non ricorderai che una volta era usuale acquistare le sigarette e un pacco di cerini, e accendersi la sigarette con tutto un rituale, sfregando prima il cerino afferrato con pollice e indice, la fiamma all'nterno del palmo della mano o di due mani se all'aperto con vento, era tutta un'altra storia.
Gli accendini erano una modernita' esotica, .... ma era la prima meta' degli anni sessanta.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 16 Maggio 2011, 22:19:56
beh i cerini li conosco tranquillo!anche usati!!!
io negli anni 60 non ero nemmeno in cantiere :-)
e mi ricordo pure il modo corretto per accenderli in modo da coprirli con la mano...
anche se son giovane,son ormai 9 anni che fumo....
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: 27 Rosso il 16 Maggio 2011, 22:21:32
Citazione di: Aliseo il 16 Maggio 2011, 22:15:18
Forse per la tua giovane eta', non ricorderai che una volta era usuale acquistare le sigarette e un pacco di cerini, e accendersi la sigarette con tutto un rituale, sfregando prima il cerino afferrato con pollice e indice, la fiamma all'nterno del palmo della mano o di due mani se all'aperto con vento, era tutta un'altra storia.
Gli accendini erano una modernita' esotica, .... ma era la prima meta' degli anni sessanta.

Io si che me lo ricordo.... ed ho sempre odiato quel puzzo inconfondibile che emanva il cerino!
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Claudio M il 16 Maggio 2011, 22:23:21
Citazione di: 27 Rosso il 16 Maggio 2011, 22:21:32
Citazione di: Aliseo il 16 Maggio 2011, 22:15:18
Forse per la tua giovane eta', non ricorderai che una volta era usuale acquistare le sigarette e un pacco di cerini, e accendersi la sigarette con tutto un rituale, sfregando prima il cerino afferrato con pollice e indice, la fiamma all'nterno del palmo della mano o di due mani se all'aperto con vento, era tutta un'altra storia.
Gli accendini erano una modernita' esotica, .... ma era la prima meta' degli anni sessanta.

Io si che me lo ricordo.... ed ho sempre odiato quel puzzo inconfondibile che emanva il cerino!

Guarda per me era favoloso, e quando fumava il mio babbo, io mi divertivo a tirare fuori la cera dai cerini utilizzati
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 16 Maggio 2011, 22:27:46
hahahhahahahaha questa non la sapevo
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Claudio M il 16 Maggio 2011, 22:33:12
La storia vera della sfiga era che accendendo il primo la sigaretta il cecchino puntava, il secondo che accendeva, il cecchino mirava, mentre al terzo sfigato il cecchino sparava .... tacci sua!

Pero' una cosa e' certo, il terzo che accendeva la sigaretta, non moriva mai di cancro.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: 27 Rosso il 16 Maggio 2011, 22:35:17
Citazione di: Onlyford il 16 Maggio 2011, 22:27:46
hahahhahahahaha questa non la sapevo


Nemmeno io sapevo il perchè, però ricordo sempre che un mio fraterno amico,alla terza sigaretta lo buttava via, e ne accendeva un altro.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: macteo il 16 Maggio 2011, 22:52:42
ma come si fa ad accendere 3 sigarette con un cerino? si consuma prima... no?
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Claudio M il 16 Maggio 2011, 22:57:51
Citazione di: macteo il 16 Maggio 2011, 22:52:42
ma come si fa ad accendere 3 sigarette con un cerino? si consuma prima... no?

E qui' che trapela il ragazzuolo.

Col cerino accendi pure 10 sigarette se lo sai fare.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: macteo il 16 Maggio 2011, 23:17:53
Citazione di: Aliseo il 16 Maggio 2011, 22:57:51
Citazione di: macteo il 16 Maggio 2011, 22:52:42
ma come si fa ad accendere 3 sigarette con un cerino? si consuma prima... no?

E qui' che trapela il ragazzuolo.

Col cerino accendi pure 10 sigarette se lo sai fare.

in effetti con il cerino non riesco ad accendere nemmeno una candela (finisce sempre che mi scotto)... ma a mia discolpa c'è da dire che in 30 anni non ho mai fumato una sola sigaretta ;)
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 16 Maggio 2011, 23:19:16
beato te....
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: macteo il 16 Maggio 2011, 23:21:08
si ma così non ho imparato ad accendere i cerini :P
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 16 Maggio 2011, 23:23:32
ma ti sei risparmiato di spendere 3.90 al gg senza parlare della salute....
cmq puoi sempre iniziare adesso ;-)
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Fyesta il 17 Maggio 2011, 11:43:53
Wow, in questo post si imparano un sacco di cose; forte! Sono anch'io un fumatore, ma dei vari tipi di accendino, nonostante faccia la collezione  sinceramente non ne sapevo nulla... addirittura i tipi di fiamma... davvero interessante. Diciamo che, sotto questo punto di vista non sono un vero collezionista, ma a tempo di ripiego (raramente li ho comprati).

Il video di Benigni è una forza, fantastico!  :D

Sono acerbo per l'epoca dei cerini, chiamati anche minerva, ma quando ero piccolo devo dire che mi affascinava molto vedere chi si accendeva una siga con i cerini; era un rito, e secondo me anche di classe; l'accendino rispecchia un pò il moderno, pratico, maneggevole... ma freddo.  ;)
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: 27 Rosso il 17 Maggio 2011, 15:41:57
Citazione di: Fyesta il 17 Maggio 2011, 11:43:53
Wow, in questo post si imparano un sacco di cose; forte! Sono anch'io un fumatore, ma dei vari tipi di accendino, nonostante faccia la collezione  sinceramente non ne sapevo nulla... addirittura i tipi di fiamma... davvero interessante. Diciamo che, sotto questo punto di vista non sono un vero collezionista, ma a tempo di ripiego (raramente li ho comprati).

Il video di Benigni è una forza, fantastico!  :D

Sono acerbo per l'epoca dei cerini, chiamati anche minerva, ma quando ero piccolo devo dire che mi affascinava molto vedere chi si accendeva una siga con i cerini; era un rito, e secondo me anche di classe; l'accendino rispecchia un pò il moderno, pratico, maneggevole... ma freddo.  ;)

Eh no Fyesta,(http://www.aiutamici.com/ftp/images/Emoticons/EMO_0330.gif)  i cerini sono una cosa, e i minerva  un altra.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: macteo il 17 Maggio 2011, 16:24:16
io mi ricordo quando andavo a comprare i minerva per avere la linguetta di carta vetrata su cui sfregare i raudi da sparare al parchetto :D
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: 27 Rosso il 17 Maggio 2011, 16:24:48

Storia dell'orologio da polso.

L'orologio da polso fu inventato alla fine del XIX secolo da Patek Philippe, ma inizialmente fu considerato un accessorio esclusivamente femminile. Tra gli uomini era comunemente usato l'orologio da tasca.

All'inizio del XX secolo l'inventore brasiliano Alberto Santos-Dumont, avendo difficoltà a leggere l'ora a bordo dell'aereo di sua fabbricazione, chiese al suo amico Louis Cartier un orologio più pratico. Cartier gli diede un orologio da polso con cinturino in cuoio di cui Dumont non fece più a meno. Quando Cartier divenne popolare a Parigi, iniziò così a vendere questi orologi anche alla clientela maschile.

Durante la prima guerra mondiale gli ufficiali di tutti gli eserciti scoprirono che in battaglia era più comodo dare uno sguardo al polso piuttosto che estrarre l'orologio dalla tasca. Bisogna ricordare che gli uomini schierati in prima linea, provenivano dalle classi sociali meno abbienti e non potevano permettersi orologi personali, indispensabili per sincronizzare l'artiglieria e la fanteria durante gli attacchi. Il rapido aumento delle perdite di soldati durante il combattimento portò i capi di stato maggiore a decidere di fornire a tutto l'esercito degli orologi da polso comodi, precisi, affidabili con caratteristiche che permettevano la lettura immediata dell'ora, munendoli di lancette più grandi e rendendo gli indici luminescenti per la visione notturna. Di fondamentale importanza fu la produzione su scala industriale di questi orologi, per distribuirli più velocemente e renderli più economici. Al termine della guerra gli orologi rimasero agli ufficiali europei ed americani, favorendo la diffusione di questo oggetto nelle culture occidentali. Ancora oggi gli appassionati del genere militare cercano pezzi particolari prodotti in quegli anni dai diversi marchi d'orologeria.

Il primo utilizzo dell'elettricità fornita da una batteria in un orologio da polso in sostituzione della molla fu nel modello Hamilton Electric 500, distribuito nel 1957 dalla Hamilton Watch Company, in Pennsylvania.

Il primo prototipo di orologio al quarzo da polso fu sviluppato nei laboratori svizzeri CEH nel 1962. Il primo modello in produzione commerciale fu il 35 SQ Astron della Seiko, nel 1969. Questi orologi erano ancora con quadrante analogico a lancette. In alcuni modelli oltre alla batteria sono impiegate come fonte di energia la luce solare o il movimento dello stesso orologio per mezzo di un generatore elettrico abbinato ad una massa oscillante (orologio automatico).

Con lo sviluppo dell'elettronica e la riduzione dei prezzi divennero popolari a partire dagli anni settanta gli orologi digitali, che mostrano cioè l'ora direttamente con cifre invece che per mezzo di lancette, una novità rivoluzionaria. Il primo orologio digitale fu il prototipo Pulsar, realizzato dalla collaborazione tra Hamilton Watch Company e Electro-Data nel 1970. La versione commerciale uscì nel 1972 ed aveva una serie di display a sette segmenti rossi, grandi consumatori di energia. Successivamente arrivarono i display LCD, con modelli a quattro cifre ed il modello a sei cifre Seiko 06LC, nel 1973.

Con l'avvento del microprocessore gli orologi da polso possono includere funzioni varie tra cui cronografo, calcolatrice, videogioco, fotocamera, Pendrive, telefono cellulare ecc.

Negli anni ottanta la Seiko mise in commercio un orologio con incluso un monitor televisivo. Poiché però l'elettronica per la ricezione radio e le batterie dell'epoca erano troppo ingombranti, furono alloggiati in una scatola esterna da portare in tasca. Nel 2000 fu messo sul mercato un orologio con TV completamente integrata ed autonomia di un'ora.

Diverse aziende hanno provato a realizzare orologi da polso includenti un computer. L'IBM ne ha realizzato un modello in grado di fare girare Linux.

Alcuni orologi sono in grado di sincronizzarsi con un segnale orario trasmesso via radio e derivato da orologi atomici, vedi orologio radiocontrollato.

Altro tipo di orologi da polso sono quelli ad affissione dicroica, ovvero quel tipo di orologico che ha sia le lancette (analogico) che un display con i numeri (digitale).

Nonostante l'economicità, precisione e affidabilità degli orologi digitali, attualmente gli orologi meccanici non sono completamente scomparsi. Anzi in alcuni casi sono divenuti status symbol.

La rinascita dell'orologeria svizzera

Negli anni settanta del XX secolo l'industria orologiaia svizzera versava in condizione di grave crisi, in parte a causa del superamento degli orologi meccanici da parte dei digitali, in parte per la crisi economica successiva alla choc petrolifero che ridusse notevolmente la richiesta di beni di lusso.

Agli inizi degli anni ottanta, Nicolas Hayek, imprenditore svizzero nel ramo dell'elettronica, riesce a guidare la fusione tra le preesistenti ASUAG (Allgemeine Schweizerische Uhren AG) e SSIH (Société Suisse pour l'Industrie Horlogère SA), le due più importanti holding di produzione orologiaia, nella nuova società SMH (Société Suisse de Microélectronique et d'Horlogerie SA), con il preciso scopo di produrre un nuovo tipo di orologio, dai costi popolari e dal design accattivante. Il risultato fu presentato il 1º marzo 1983 con il nome Swatch, contrazione di "swiss watch" (orologio svizzero). Il prezzo andava dai 39,90 ai 49,90 Franchi svizzeri.

Il risultato fu raggiunto riducendo notevolmente il numero di componenti di un orologio ed il tempo di fabbricazione, abbattendo così i prezzi. Inoltre, grazie ai suoi artisti, era in grado di produrre una nuova collezione ogni anno, trasformando l'orologio da polso da un oggetto "per sempre" a un elemento di moda da cambiare di frequente. Questi orologi furono oggetti ambìti di collezionismo e divennero status symbol tra i giovani. Quanto accaduto è ancora oggi oggetto di studio nelle scuole di design per dimostrare il potenziale commerciale del design industriale.

Negli anni successivi, la SMH, che ha acquisito definitivamente il nome The Swatch Group nel 1998, porta avanti una serie di acquisizioni di marchi storici dell'orologeria svizzera (Omega/Tissot, Longines e Rado negli anni '80 e Breguet negli anni '90) imponendosi così come principale produttore di orologi mondiale.

Orologi da polso e celebrità

La coronazione e l'indiscusso successo degli orologi da polso avviene negli anni '60 quando anche le star del cinema cominciano ad indossare nei film i loro segna tempo, artisti del calibro di Sean Connery nella indimenticabile serie di film agente 007, Steve McQueen ne Il Cacciatore di taglie oppure Paul Newman in Indianapolis, pista infernale. L'industria svizzera capisce che i tempi erano maturi e comincia una produzione e una distribuzione capillare in tutto il modo, di alcuni modelli, che la gente voleva a tutti i costi possedere per eguagliare i propri miti. Anche la politica e l'industria fecero la loro parte, uomini carismatici come il presidente degli USA John Kennedy e Ernesto Che Guevara, rivoluzionario e combattente per la liberazione di Cuba, vengono immortalati in scene di vita quotidiana dove l'utilizzo dell'orologio da polso era diventato indispensabile oggetto di utilità e glamour. Così alla fine di questi anni, esattamente il 20 luglio del 1969, l'orologio fu utilizzato anche per la spedizione sulla luna dove gli astronauti della NASA riscontrarono ben presto l'utilità di questo strumento.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 17 Maggio 2011, 19:09:35
La scarpa

Le origini della scarpa risalgono alla preistoria, quando l'uomo primitivo sentì la necessità di proteggere le proprie estremità inferiori. Inizialmente utilizzò una corteccia, delle foglie intrecciate o la pelle di un animale avvolta attorno al piede e trattenuta da rudimentali lacci alla gamba, poi con gli egiziani la calzatura si estese ad esigenze di praticità e di estetica. Nata per difendere il piede e contemporaneamente lasciarlo traspirare la calzatura egiziana fu sandalo, la cui forma essenziale è rimasta pressochè inalterata nel tempo. I primi materiali utilizzati furono fibre vegetali fresche e leggere, poi gli egiziani passarono alla pelle; abili conciatori reallizzarono sandali di pelle colorata, spesso ricamata e decorata con lamine d'oro.

    I Sumeri, sottoposti a clima piovoso, tre milleni prima di Cristo adottarono le prime scarpe chiuse, poi elaborate e sviluppate da Assiri, Babilonesi, Persiani e che sono giunte sino a noi senza grosse variazioni nelle loro caratteristiche fondamentali; basse, con tomaia che non supera il malleolo o veri e propri stivali che arrivano alla coscia.

    Gli artigiani Assiri erano maestri nell'arte conciaria e confezionavano ricchissime calzature di pelle morbidissima per i dignitari. Ma il simbolo del rango era dato dal colore della pelle tenue e delicato per i nobili rosso e giallo per la classe media.

    I Persiani preferivano il colore azzurro e giallo con forme slanciate, mentre per dare maggiore slancio alla figura in posizione eretta, scoprirono il trucco di inserire nel calzare, in corrispondenza del tallone, strati di sughero cuneiformi.

    In Grecia la calzatura assunse tutte le forme base che poi sono giunte fino ai giorni nostri; benchè fossero in pochi e per poche ore al giorno i fortunati che potevano usare le calzature i Greci curavano il benessere dei piedi con particolare attenzione e produssero una notevole varietà di modelli adatti a tutte le esigenze. I modelli principali erano il sandalo, in legno o sughero, la crepida, con suola alta e tomaia aperta, l'embas, stivaletto a mezza gamba allacciato, l'embates, stivale di cuoio o stoffa per i cavalieri, l'endromis, stivaletto per la caccia ed il viaggio, ed il coturno, calzatura chiusa a suola molto alta. E' possibile ricostruire la presenza della calzatura anche dalla mitologia, dove viene largamente citata, come anche dalle storie popolari e da alcune superstizioni tramandate fino a noi. Il Dio greco Mercurio calzava sandali alati, famoso e apprezzato da grandi e piccini il furbo Gatto con gli stivali, la ever green favola di Cenerentola la cui scarpetta di cristallo ha fatto sognare tutti noi oppure, per i più superstiziosi, la tradizione di appendere un modellino di stivale nel retro della macchina dei giovani sposi come augurio e portafortuna.

    Grandi maestri "calzolai" furono senza dubbio i Romani, i cui sandali sono tuttora oggetto di ispirazione da parte di stilisti della moda e degli accessori. Tra i numerosi modelli ricordiamo il sandalo "caligae", robusto e resistente all'uso particolarmente adatto nelle battaglie e operazioni militari. Di forma piatta, era costituito da tre o quattro strati di pelli bovine rigide e conciate al vegetale, sagomate a forma di piede, ed era allacciato intorno al piede e alla caviglia. Dopo la caduta dell'Impero Romano, nessun esercito utilizzò questa calzatura così robusta e durevole, e per oltre mille anni i soldati generalmente calzavano scarpe civili.

    Verso l'undicesimo secolo iniziò la moda degli stivaletti di cuoio per uso generale, che coprivano il piede superando di poco l'altezza della caviglia. Gli stivali, di lunghezza variabile, proprio in quel periodo fecero la loro prima apparizione ma la grande diffusione avvenne nel sedicesimo secolo. Erano del tutto privi di tacco.

    Gli stivali lunghi veri e propri, portati da supporto e protezione della gamba e caviglia, trionfarono intorno alla metà del Settecento, quando i comandanti di truppe incominciarono a preoccuparsi delle condizioni di salute dei piedi dei loro soldati. Ha inizio l'era della calzatura militare moderna. Le calzature non sono sempre state impiegate a scopo puramente funzionale ma spesso hanno seguito i suggerimenti della moda arrivando a curiosi modelli talvolta pericolosi per la deambulazione e per la salute del piede. Le calzature appuntite e, ridicole per noi, utilizzate nel periodo medievale rendevano impossibili i movimenti a causa delle punte sempre più lunghe e assottigliate. La calzatura piatta a becco d'anatra, del XVI e del XVII secolo, era talmente larga e piatta da rendere immobile chi la calzava. Un vizio che costava caro soprattutto alle donne in stato di gravidanza (numerosi i casi di aborto per caduta) o le dame di corte con frequenti e dolorose rotture di caviglie

    Mode smodate direbbero i più severi, non limitate ai secoli passati. Basta pensare ai nostri ruggenti anni Settanta quando la moda dettava improbabili impalcature che elevavano la figura dal suolo di diversi centimetri grazie a suole costituite da spessi strati conici. I tacchi quando nascono ?

Tacchi

    Prima del 1600 non esisteva alcun tipo di vero tacco in uso: verso la fine del 1500 vennero prodotti alcuni piccoli tacchi di legno o di sughero mentre prima di questo periodo gli spezzoni di sughero, a forma di piani inclinati, o di fogli di cuoio, erano stati provati come tacco, però ebbero un successo molto limitato poiché creavano grandi difficoltà di movimento.

    All'apparizione del primo vero tacco coincise la scomparsa di tutte le altre forme di pseudo tacco. La tecnica del tacco infatti si è sviluppata continuamete fino a raggiungere ottimi rapporti altezza equilibrio che caratterizzano la maggior parte delle calzature da donna, particolarmente di moda, dei tempi attuali. La tecnica di costruzione dei tacchi ha portato a realizzare tecniche di fissaggio alla suola, utilizzando chiodature in legno o metallo su suole divenute necessariamente più robuste indispensabili per sopportare l'azione del piede elevato dai tacchi. Questa tecnica però determinò problemi in relazione all'appaiamento delle calzature poiché, mentre le calzature prodotte prima del XVII secolo distinguevano la destra dalla sinistra già dai tempi dei Romani, dagli inizi del XVIII secolo fino al 1820 circa si tendeva a produrre scarpe lineari intercambiabili, da essere portate indistintamente sul piede destro o sinistro. E le forme come venivano realizzate? Per secoli le scarpe vennero realizzate du due tipi di forme fondamentali: prima in metallo e successivamente in legno. La prima forma metallica era all'incirca come il piede umano, forse di origine romana, ed era usata a titolo d'incudine per fissare i grossi chiodi nel cuoio. La seconda forma era costruita in legno e determinava la precisa dimensione e modello della tomaia che poi serviva per realizzare la completezza della cucitura della calzatura nel montaggio. Nessuna forma, invece, veniva usata per la realizzazione delle calzature fascianti morbide che erano in voga dai primi del medioevo fino al XVI secolo. L'accessorio forma-modello divenne però essenziale per tenere assieme e permettere di formare la scarpa con guardolo, durante la cucitura, dal XIV secolo in poi. Fino agli inizi del secolo non esistevano grandi differenze, nello stile e nella tipologia, tra le calzature da uomo e da donna: quest'ultima poi cominciò gradualmente a divenire oggetto di studi attenti e realizzata con maggiore cura stilistica.

    Le forme lineari non modellate, essendo di più facile realizzazione, rimasero di uso generale fino agli anni Venti, quando nuovi sistemi di fresatura risolsero numerosi problemi di realizzazione pratica delle forme.

Alcune calzature da donna lineari tuttavia hanno continuato ad essere prodotte in forma lineare fino al 1850 circa, sostanzialmente con due sole misure di larghezza: quella assottigliata, realizzata usando la forma tale e quale, e quella larga realizzata sovrapponendo una tomaia preformata intorno alla forma rimuovendola solo alla fine dell'assemblamento della calzatura. Dunque la scarpa e la sua importanza è stata a lungo ignorata al punto che bisognerà aspettare il XIX secolo per vedere un fabbricante di Filadelfia vendere delle paia di scarpe dove i due piedi sono distinti l'uno dall'altro. Gli anni Cinquanta e ancor più gli anni Sessanta rappresentavano un ventennio particolrmente importante per il trionfo della calzatura che diventa un vero e proprio gioiello. Sinonimo del lusso, del boom economico tipico del dopoguerra, specchio del cambiamento dei consumi la calzatura è sinonimo di moda, fashion, effimero, e l'Italia si fa avanti. Tutti vogliono le scarpe italiane, dive e divi di Hollywood faranno follie nelle loro richieste. Basta andare a visitare a Firenze il Museo della calzatura Salvatore Ferragamo per ammirare celebri scarpe, dal mondo aristocratico a quello dello spettacolo, tra le quali quelle della mitica Marilyn Monroe. Inaugurato nel 1995 il Museo fiorentino, ubicato al secondo piano di Palazzo Spini Feroni di via Tornabuoni, espone in cinque sale una selezione rappresentativa delle oltre 10.000 scarpe che costituiscono l'intera colezione, lasciata in eredità da Salvatore Ferragamo e continuata dalla moglie e dai figli. Adiacenti alle sale espositive troviamo il deposito dei modelli, la biblioteca, l'archivio e la libreria. Il Museo è nato per iniziative della famiglia Ferragamo, allo scopo di fare conoscere al pubblico di tutto il mondo, agli studiosi e soppratutto ai giovani le qualità artistiche di Ferragamo e il ruolo importante che ha ricoperto nella storia della calzatura e della moda internazionale. Nel 1985 nacque l'idea di organizzare a Palazzo Strozzi una mostra retrospettiva delle scarpe di Salvatore Ferragamo. Dopo Firenze la mostra fu allestita al Victoria and Albert Museum di Londra, nel 1987, e auccessivamente al Los Angeles County Museum of Arts, nel 1992, riscuotendo ogni volta il consenso del pubblico. Da qui maturò la decisione di trasformare una mostra itinerante in un museo permanente, arricchito di una biblioteca specializzata nella storia dell'azienda Ferragamo e della calzatura. Anche S.Elipidio (Ascoli Piceno) vanta un Museo della calzatura a sottolineare l'importanza di questo "prodotto" nella regione Marche. Originale la scelta di esporre calzature di tutto il mondo, curiosa invece la sezione di scarpe di personaggi famosi.

Poi l'attenzione si sposta sugli antichi macchinari, sulle foto dei calzaturifici che hanno fatto la storia di questo territorio, sui documenti in cui compaiono i primi slogan delle imprese. A Vigevano, invece, possiamo visitare un museo della calzatura frutto della cospicua donazione della famiglia Bartolini, inaugurato nel 1972. La raccolta comprende circa 300 pezzi che offrono un'inedita storia della calzatura vista come elemento di costume, spaziando nei secoli e nelle diverse civiltà. La rassegna è divisa in tre sezioni: quella storica mostra scarpe fabbricate dal XV secolo sino ad oggi, comprese quelle appartenute a personaggi noti (pianella di Beatrice d'Este 1490 ca.), e scarpe militari. La sezione etnografica riunisce calzaure in uso presso i popoli della terra. Chiude la mostra la sezione delle curiosità. Prossimo Museo della calzatura, in via di apertura, quello di San Mauro Pascoli, il "paese dei calzolai".

Nella Torre di pascoliniana memoria attraverso un itinerario tra storia e attualità sarà testimoniato come un paese di ciabattini in pochi decenni è divenuto un polo calzaturiero di caratura mondiale. Oggi poche sono le persone che considerano la scarpa come un semplice strumento di protezione del piede, fondamentale organo vitale che necessita di grande attenzione, rispetto e cura. Rinunciare alla tentazione dell'acquisto di una calzatura è per molti un'impresa impossibile: esistono veri e propri appassionati della scarpa, una sorta di cultori dai profondi risvolti psicologici. "Dimmi che scarpa porti che ti dirò chi sei" potrebbe essere il nuovo motto dell'era del consumismo. Più numerose le donne ma appassionati anche gli uomini, frequente il collezionismo di scarpe, forse calzate una sola volta oppure mai intaccate. L'importante è averle, ammirarle, goderle, come accade al personaggio interpretato dalla brava Margherita Buy nell'ultimo divertente film diretto da Carlo Verdone "Ma che colpa abbiamo noi" che ironizza sui risvolti psicotici e maniacali di un gruppo di persone in psicoterapia. E' facile fare follie per l'acquisto di una scarpa o di uno stivale, la passione, d'altronde, come per gli intenditori di vino o arte non pone limiti. Non sarà dunque un caso se gli italiani, più di altre nazionionalità, quando conoscono qualcuno prima gettano lo sguardo in basso per poi risalire in alto.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: 27 Rosso il 17 Maggio 2011, 19:51:27
La caffettiera

             La prima caffettiera che si conosce è la jabena, originaria dell'Etiopia, mente dobbiamo andare in Turchia per trovare l'ibrik, il quale aveva ed ha tutt'oggi la duplice funzione di preparare e servire il caffè. E' un bollitore dalla base larga e il collo molto più stretto che non ha mai incontrato la simpatia dell'Europa occidentale. Il bollitore di Bagdad ha invece influenzato gli stili delle caffettiere europee: la brocca in metallo, a becco, con il coperchio e il manico ricurvo... il beccuccio ricurvo lo troviamo nelle prime caffettiere inglesi nelle coffee houses.

Il metodo più efficace per fare il caffè rimase, dal XIV al XVIII secolo, quello di far bollire i fondi. Successivamente però il problema di separare i fondi dalla bevanda, scatenò l'ingegno di vari costruttori di macchine da caffè e caffettiere in tutta Europa. In Francia si studiò un metodo ad infusione, si metteva la polvere di caffè in un sacchetto di tela ed immerso nella caffettiera legato ad un piccolo cordone. Questi contenitori preso il nome di samovar . Erano sollevati da terra da tre piedini per lasciare spazio ad un piccolo fornello. I samovar  erano in ottone, peltro o rame ed erano molto in uso nei locali pubblici e in famiglie benestanti. Le caffettiere in argento erano semplicemente dei recipienti dove il caffè veniva fatto attraverso infusione e, ovviamente, erano in possesso dei più abbienti. In seguito, con la diffusione della maiolica si sostituirono i vecchi recipienti in metallo e vetro con altri bianchi o decorati che risultarono più piacevoli e meno costosi Più tardi nacque la" caffettiera a filtro", era di forma semplice ed era divisa in due parti, fu a questo punto che comparì il filtro centrale.

Fu il parigino Morize, nel 1819, a sviluppare una versione rovesciabile di caffettiera. Queste divennero molto comuni anche in Italia e grande successo e popolarità riscosse la "napoletana" di latta o stagno, molto povera nella rifinitura ma di grande efficacia per lo scopo. Queste ultime divennero quindi il modo più popolare e classico di preparare il caffè. Ma i grandi contenitori delle caffetterie non bastarono più per il gran numero di clienti e con l'avvento dell'elettricità, nacquero nuove macchine.... le macchine per il caffè "espresso".

L'Italia ebbe un ruolo principale nella costruzione di queste macchine grazie all'ingegno di uomini come Desiderio Pavoni e Luigi Bezzeca, che ben presto e fino ai giorni nostri, vennero costruite anche per l'uso domestico. Tra tutte le macchine da caffè "da fuoco" il riconoscimento più prestigioso va sicuramente alla "moka",apparecchio inventato e messo in commercio prima della seconda guerra mondiale da Alfonso Bialetti.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: 27 Rosso il 17 Maggio 2011, 20:27:38
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Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: el gigi il 17 Maggio 2011, 20:30:35
Abega sei GRANDE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Able007 il 17 Maggio 2011, 20:33:03
bella  :D
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: dexter63 il 17 Maggio 2011, 21:14:46
Visto che si parla di caffè, perchè non parlare di un suo compagno di giornata?

IL QUOTIDIANO

Un quotidiano è una pubblicazione periodica informativa che esce almeno con cinque numeri alla settimana. Insieme alla televisione e alla radio costituisce uno dei maggiori strumenti informativi.
I quotidiani sono tipicamente stampati su carta di bassa qualità, spesso in bianco e nero e in grande formato. La maggior parte dei quotidiani stampa tuttavia almeno una parte della pubblicazione a colori.
Il primo esempio di quotidiano, inteso come pubblicazione giornaliera contenente il resoconto degli avvenimenti politici e di attualità, risale al 59 a.C. quando a Roma Giulio Cesare istituì gli "Acta Diurna populi Romani" (o semplicemente Acta Diurna), una sorta di gazzetta ufficiale che veniva affissa nei luoghi pubblici.
Sotria
Il quotidiano, nella forma moderna, nasce nel '600 in Germania. Il primo quotidiano è la cosiddetta 'Einkommende Zeitung', fondata nel 1650 a Lipsia.
Il giornale, nella metà del '700, era letto da popolazione ricca, la quale era composta da nobili e borghesi. La classe dei borghesi era costituita da finanzieri, commercianti, industriali e intellettuali, come le persone che facevano parte della magistratura e degli impieghi pubblici. Il giornale era costituito da notizie di diverso settore come le notizie di cronaca, di economia, di politica interna e di quella estera, di cultura; col passare dei secoli si introdussero anche le notizie di sport.
Gli obbiettivi del giornale erano, essenzialmente, tre:
•        INFORMARE LA BORGHESIA
•        AIUTARLA AD INTERPRETARE LA REALTA'
•        AIUTARLA A CAPIRE I PROPRI INTERESSI SUL PIANO POLITICO
La borghesia, tra '800 e '900, divenne la classe dirigente della società europea, trionfò l'industrializzazione e ci fu un progressivo aumento dell'alfabetizzazione.
Il giornale si diffuse tra tutta la popolazione nel corso del 1900 con l'avvento della società di massa, ma andando avanti con gli anni, nuovi MEDIA lo affiancarono. Proviamo a fare una cronologia dello sviluppo dei media:
•   1900    sviluppo del GIORNALE QUOTIDIANO DI MASSA
•   1910    sviluppo del CINEMA
•   1920    sviluppo del TELEGRAFO e del TELEFONO
•   1930    sviluppo della RADIO
•   1960    sviluppo della TELEVISIONE
•   1990    sviluppo di INTERNET
Il giornale, oggi, serve per dare informazioni su fatti accaduti, ma soprattutto per approfondire le informazioni che gli altri media forniscono con analisi, commenti e indagini relative agli eventi trattati.

La diffusione di un quotidiano, così come quelle delle riviste a diversa periodicità, si misura attraverso la somma delle copie vendute, in edicola, su abbonamento o in blocco, e di quelle distribuite gratuitamente. Questo dato, rilevato da Ads, è più indicativo di quello relativo alla tiratura, che registra semplicemente le copie stampate e include, quindi, anche quelle non vendute (i cosiddetti resi).

I quotidiani in Italia hanno diffusione nazionale, alcuni hanno una diffusione solo a livello locale e trattano più approfonditamente argomenti inerenti un luogo circoscritto come province o regioni. Alcune testate diffuse nazionalmente pubblicano anche inserti dedicati alle edizioni locali.

Ci sono quotidiani editi da partiti politici, che usufruiscono di contributi da parte del Dipartimento editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri

Alcuni quotidiani sono distribuiti gratuitamente, spesso chiamati free press ("stampa gratuita"), i cui costi sono coperti esclusivamente dagli introiti pubblicitari.
In meno di 10 anni, dal 1995 al 2005, questi quotidiani sono stati introdotti in quasi tutti i paesi europei, ed in altri paesi quali Stati Uniti d'America, Canada, Australia, in Sud America e Asia.
Al 2005 erano presenti quotidiani gratuiti in 36 nazioni; in due nazioni, Germania e Giappone, avevano cessato le pubblicazioni.
A livello mondiale (dati 2005) il leader del mercato, Metro, distribuisce quotidianamente 7 milioni di copie, gli altri editori 22 milioni di copie, per una lettura stimata quotidiana di almeno 45 milioni di persone.

Tutti i maggiori quotidiani dispongono di una rispettiva versione digitale, che frequentemente pubblica contenuti differenti rispetto a quelli cartacei, e che in alcuni casi dispone di una redazione giornalistica separata.

Da un'indagine ISTAT sui quotidiani online, in Italia nel 2003 erano disponibili 145 titoli online di cui 91 corrispondevano a quotidiani con versione a stampa e 54 erano quotidiani esclusivamente online. Di questi 145 titoli, 122 (84,1%) erano a carattere generalista, mentre 22 (15,2%) erano quotidiani specialistici (economia, sport, scienze, e altro).

Il primo giornale online sul web è stato L'Unione Sarda, nato in concomitanza col quotidiano Punto Informatico (pubblicato inizialmente tramite il sistema bbs), che sin dal luglio 1994 ha pubblicato regolarmente contenuti su Internet.

Come nasce una notizia
Dietro ogni notizia c'è il racconto di un avvenimento.
Perché  tra i tanti avvenimenti del giorno sono stati individuati proprio quelli ?
Si tratta di scelte editoriali(la freschezza della notizia ;l'originalità...
Per giustificare una notizia sono necessari :
1.   la conoscenza di un avvenimento
2.   l' interesse del pubblico...Senza pubblico, infatti non c'è notizia!
Succede che lo stesso avvenimento,pubblicato e dotato di analogo rilievo da due diversi quotidiani ,viene presentato con due notizie differenti.
Perché questo diverso modo di raccontare la notizia? Perché ogni quotidiano ha il suo pubblico .
Il compito del quotidiano non è quello di esprimere una verità;ma deve essere il più possibile obiettivo nel riferire fatti e opinioni.
Ulteriori notizie storiche e curiosità

I primi giornali quotidiano italiani a essere pubblicati sono stati la Gazzetta di Parma e la Gazzetta di Mantova.
- Il primo numero del Corriere della Sera è datato 5 marzo 1876; viene stampato in 15.000 copie ed è diretto da Eugenio Torelli Viollier.
- Il termine Gazzetta prende origine dalla moneta veneziana con la quale, nel Settecento, si comperava il giornale.
- Il nome del Resto del Carlino deriva dall'usanza di venderlo nelle tabaccherie come resto di due centesimi a quanti, con una moneta da 10 centesimi (un carlino), comperavano un sigaro.
- Il nome Corriere utilizzato da molte testate deriva dal fatto che nel 700 i giornali ricevevano le notizie per corriere, in diligenza con la posta.
- Il quotidiano attualmente più diffuso risulta essere il giapponese Yomiuri Shimbun, con oltre nove milioni di copie al giorno.

Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 17 Maggio 2011, 22:59:52
grandi ragazzi
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 17 Maggio 2011, 23:17:29
chewing gum

In Svezia degli archeologi hanno trovato l'antenato del chewing gum, è un pezzo di resina vecchio novemila anni con del miele dentro e delle tracce di denti sopra!!!!!!!!

e così il chewing gum piace sin dall'antichità, i primi consumatori furono con ogni probabilità gli Antichi Greci. Essi amavano masticare una resina derivata dal 'lentisco' o 'albero del mastice' (da cui il termine 'masticare'), sostanza conosciuta ed apprezzata in tutta l'area del Mediterraneo orientale. I Maya dell'America Centrale, nello stesso periodo masticavano il 'Chicle', lattice dell'albero della Sapotilla, una sostanza che, resistendo alla decadenza della civiltà che l'aveva scoperta, sarebbe divenuta ben venti secoli dopo una delle basi di partenza del chewing-gum moderno. Anche il termine 'chicle' è arrivato fino ad oggi, divenendo, in tutti i paesi di lingua ispanica, un modo familiare per definire la gomma da masticare. Gli indiani d'America masticavano una resina simile alla gomma che si otteneva tagliando la corteccia dell'abete rosso.
All'inizio del XIX secolo pezzetti di resina di abete rosso divennero il primo chewing gum messo in commercio negli Stati Uniti.  La gomma da masticare è stata ideata dallo statunitense John Curtis nel 1848. Il chicle è il latice che si ottiene dalla sapodilla, un sempreverde chiamato albero del chewing gum. È originario del Gran Petén, la foresta tropicale pluviale del Guatemala settentrionale, del Belize e della penisola dello Yucatàn in Messico. Là, in certe zone si possono trovare 175 alberi di sapodilla per ettaro. Nella stagione delle piogge i raccoglitori di chicle, detti chicleros, tagliano il tronco della sapodilla selvatica a zig-zag, lasciando che il latice si depositi lentamente dentro un recipiente posto alla base. Dopo che è stato raccolto e bollito fino a raggiungere la consistenza desiderata gli viene data la forma di tavolette per essere venduto. Il moderno chewing-gum si diffuse nel 1860, quando il generale messicano Antonio Lopez de Santa assunse l'invenore newyorkese Thomas Adams per produrre un nuovo tipo di gomma derivata dall'abete rosso. Adams non ebbe successo quando produsse la gomma, ma creo' il primo moderno chewing-gum, chiamato "Adams New York No. 1". Il chewing-gum divenne cosi' quel materiale sintetico che ha sostituito la gomma naturale degli alberi per creare un prodotto di migliore qualita', composizione e gusto. Ci sono due basi principali di chewing-gum, una per il chewing-gum e l'altra per il bubble-gum. La differenza principale e' che che la base del babble-gum ha un alto contenuto di polimero che lo rende piu' elastico e adatto a fare le bolle.
La storia del chewing-gum incomincia in Italia soltanto nel secondo dopoguerra, Sicuramente è il risvolto più zuccherino, lasciato al nostro Paese, dalla Seconda guerra Mondiale. La " gomma americana" ha avuto un successo enorme proprio da quell' ormai lontano 1945. Riflettori accesi dunque sul chewing-gum che in questi anni di strada ne ha fatta davvero tanta! Quanta? Beh diciamo che se le mettessimo tutte in fila le cicche americane, prodotte sino a oggi, coprirebbero una scia lunga 198 milioni di chilometri, 200 volte la distanza tra la Terra e la Luna. Che dire? Sicuramente una grande passione per noi italiani. " In generale, le gomme danno soprattutto piacere, rinfrescano l'alito, soddisfano insieme quella che viene definita oralità, parola che per gli analisti tradizionali(n.d.r. psicoterapeuti) significa riprodurre tutte quelle sensazioni legate al mondo dell'infanzia. In modo analogo a quanto avviene con il fumare, rosicchiarsi le unghie, mordere penne e matite. Le gomme, però, e va sottolineato, hanno altri vantaggi. Primo tra tutti quello di ridurre la tensione muscolare, favorire il rilassamento e combattere ansia e piccole nevrosi".
   
Italiani popolo di masticatori. Secondo alcuni recenti dati se ne consumerebbero, solo nella Penisola, circa 23mila tonnellate l'anno, per un totale di 300 milioni di astucci e 500 milioni di stick. Otto confezioni su dieci sono senza zucchero e gli italiani più golosi hanno un'età compresa tra i 10 e i 44 anni (il 49% uomini per il 52% donne), di questi il 55% (15 milioni di persone) mastica gomme tutti i giorni, o quasi.

Il che non è un male, almeno stando a quanto rivela uno studio inglese condotto dall'Università di Northumbria: i chewing gum, infatti, aiuterebbero la memoria (potenziandola addirittura del 35%) e favorirebbero la concentrazione neutralizzando lo stress. La ricerca è stata condotta su 75 adulti, i partecipanti sono stati divisi in tre gruppi: il primo masticava chewing gum, il secondo mimava il gesto senza masticare gomme e il terzo non faceva nulla. Speciali test computerizzati hanno dimostrato che la memoria breve e a lungo termine era superiore del 35% nel primo gruppo. In particolare è stato provato che durante la masticazione il battito cardiaco aumenta e viene prodotta più insulina che, agendo su recettori situati nella zona cerebrale dell'ippocampo, stimola questa struttura cruciale per la memoria. Ma gli effetti sulla memoria non sono gli unici aspetti benefici. Masticare riduce lo stress, la sonnolenza in caso di veglia notturna e aumenta in modo armonico la concentrazione e le funzioni cerebrali.


NOVITà

E  Il chewing gum allarga i suoi orizzonti: è stato brevettato negli Usa quello al Viagra. Wringley, una delle più note marche di gomma americana, ha ottenuto la licenza del governo americano per realizzare una gomma a base di Viagra La gomma al Viagra  arriverà  sugli scaffali delle farmacie  nel 2011. Secondo Wringley, il chewing gum  offrirà  «un miglior dosaggio e metodo di assunzione» rispetto alla pillola di viagra.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: 27 Rosso il 18 Maggio 2011, 07:16:50
Citazione di: Onlyford il 17 Maggio 2011, 23:17:29


NOVITà

E  Il chewing gum allarga i suoi orizzonti: è stato brevettato negli Usa quello al Viagra. Wringley, una delle più note marche di gomma americana, ha ottenuto la licenza del governo americano per realizzare una gomma a base di Viagra La gomma al Viagra  arriverà  sugli scaffali delle farmacie  nel 2011. Secondo Wringley, il chewing gum  offrirà  «un miglior dosaggio e metodo di assunzione» rispetto alla pillola di viagra.
(http://www.aiutamici.com/ftp/images/Emoticons/EMO_0302.gif)  Uhm..............(http://www.aiutamici.com/ftp/images/Emoticons/EMO_0334.gif)
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 18 Maggio 2011, 07:23:45
Hahaha aspetti la sua uscita in italia?
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: 27 Rosso il 18 Maggio 2011, 07:33:28
Citazione di: Onlyford il 18 Maggio 2011, 07:23:45
Hahaha aspetti la sua uscita in italia?

Carmè,...... bisogna portarsi avanti  (http://www.aiutamici.com/ftp/images/Emoticons/EMO_0139.gif)
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: 27 Rosso il 18 Maggio 2011, 07:43:14
Storia della scoperta del Viagra     (http://www.aiutamici.com/ftp/images/Emoticons/EMO_0284.gif)



La storia del Viagra che ha inizio nel 1986 nei laboratori del Pfizer Central Research di Sandwich, in Inghilterra, dove alcuni ricercatori scoprono che l'inibizione di un enzima (PDE5) presente nella muscolatura liscia dei vasi sanguigni diminuisce la resistenza vascolare e riduce l'aggregabilità delle piastrine, gli elementi del sangue che svolgono un compito fondamentale nel processo di coagulazione ma il cui ammassarsi all'interno di vene e arterie ne può procurare l'occlusione, parziale o totale.

Gli studiosi pensano ai possibili, benefici effetti di un farmaco capace di inibire l'enzima PDE5 nell'angina pectoris. Potrebbe impedire la chiusura delle arterie coronarie, la causa dell'infarto del miocardio. Tre anni di lavori e nel 1991 la sperimentazione non soddisfacente anche se gli studiosi assistono ad un fatto sorprendente. Alcuni uomini coinvolti nella ricerca riferiscono di un effetto collaterale piacevole: l'aumento della tendenza all'erezione. Si scoprì che il sildenafil studiato dalla Pfizer in cardiologia come calcio-antagonista e somministrato per via orale, era in grado in una larga percentuale di casi (70-80%) di risolvere o migliorare la disfunzione erettile.

Fu così che la destinazione del farmaco, dopo molte titubanze e ulteriori studi, viene cambiata: dal trattamento dell'angina pectoris si passa a quello degli "inconvenienti" erettili.


Il 27 marzo 1998 la Food and Drug Administration riconosce il Viagra come la prima terapia medica orale per il trattamento delle disfunzioni erettili. L'uomo è stato finalmente liberato dall'incubo dell'impotenza. La pillola blu, com'è noto, va assunta circa un'ora prima di un rapporto sessuale perché provochi un afflusso di sangue ai corpi cavernosi sufficiente a rendere possibile l'erezione. Naturalmente il successo non è automatico: occorre che ci sia il desiderio, l'eccitazione.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: dexter63 il 18 Maggio 2011, 08:23:16
A proposito di Viagra leggete questa:

CEROTTO-VIAGRA PER IL PAPPAGALLO KAKAPO
Dopo il viagra per gli uomini, arriva il nuovo cerotto-viagra per gli animali a rischio di estinzione. Tiene sotto controllo lo stress, rende le femmine più sensibili ai richiami sessuali dei maschi, favorisce la riproduzione e quindi previene l'estinzione. Ne dà notizia il mensile "Scientific American". La prima specie a sperimentarlo sarà una rarissima categoria di pappagallo, il kakapo, che vive solo in Nuova Zelanda. Da alcune centinaia di migliaia di esemplari, questo pappagallo si è lentamente andato estinguendo. Oggi ce ne sono solo 56. All'origine c'è lo stress delle femmine, preoccupate per la mancanza di cibo.

Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: macteo il 18 Maggio 2011, 08:35:22
Citazione di: Onlyford il 17 Maggio 2011, 23:17:29
chewing gum

NOVITà

E  Il chewing gum allarga i suoi orizzonti: è stato brevettato negli Usa quello al Viagra. Wringley, una delle più note marche di gomma americana, ha ottenuto la licenza del governo americano per realizzare una gomma a base di Viagra La gomma al Viagra  arriverà  sugli scaffali delle farmacie  nel 2011. Secondo Wringley, il chewing gum  offrirà  «un miglior dosaggio e metodo di assunzione» rispetto alla pillola di viagra.

L'azienda dove lavora mia moglie è proprietaria del marchio Wrigley (senza la G)... per chi fosse interessato si accettano prenotazioni :D :D :D
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 18 Maggio 2011, 17:07:18
sconto idaf????????
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 18 Maggio 2011, 18:12:10
Plastica

I primi nuovi materiali apparsi dopo la scoperta dei metalli sono le materie plastiche. Nonostante i polimeri naturali siano stati usati per migliaia di anni, basti pensare alle fibre di lana, di seta, di cotone e di lino, la storia delle materie plastiche risale a poco più di un secolo fa.
Nel 1835 H. Regnault ottenne la prima sostanza basata sul principio della polimerizzazione, il PVC.
Nel 1844 F.Walton produsse il linoleum.
Nel 1846 lo svizzero Frederick Schoenbein isolò il primo polimero artificiale, il nitrato di cellulosa, un composto chimico che imita l'ambra.
Nel 1939 Charles Goodyear vulcanizzò la gomma.
Nel 1862 due industriali americani misero in palio 10.000 dollari per chi avesse trovato un sostituto dell'avorio nella fabbricazione delle palle da biliardo, allora molto costose e non sempre perfettamente sferiche. Li vinse Alexander Parkes che in Inghilterra sintetizzò il primo polimero naturale modificato utilizzando fibra di cellulosa estratta dal legno e trattandola con acido nitrico; la qualità di questo polimero, simile all'avorio, a cui diede il nome di Parkesina, era molto bassa.
Nel 1869 John Hyatt, mischiando il polimero ottenuto da Parkes con la canfora, ottenne un prodotto trasparente, flessibile e facile da modellare che chiamò celluloide. Questa divenne presto la base delle prime pellicole cinematografiche; tuttavia aveva l'inconveniente di essere estremamente infiammabile. Attualmente l'unico prodotto in cellulosa sono le palline da ping-pong.
Nel 1889 George Eastman riuscì a utilizzare la celluloide per fare pellicole fotografiche.
Il primo polimero sintetico, ottenuto dal chimico belga Leo Baekeland nel 1907, fu la bachelite, materiale molto duro e malleabile ottenuro dal riscaldamento di fenolo e formaldeide. Questa plastica oggi è utilizzata come isolante elettrico e per i manici delle pentole.
In questa stessa epoca, negli Stati Uniti la scoperta di grandi quantità di petrolio fu un episodio chiave che portò a iniziare la sintesi dei polimeri dalle sostanze ottenute dalla raffinazione del petrolio.
Tuttavia solo nel 1920 si comprese la struttura dei polimeri: infatti il chimico tedesco Herman Staudinger formulò la teoria secondo cui i polimeri sono costituiti da lunghe catene della stessa molecola (monomero) ripetute. Le chiamò macromolecole.
Negli anni '20 nacque la fòrmica, laminato plastico a base di urea, fenolo, formaldeide (e carta kraft), utilizzata nell'arredamento
Negli anni '30 si ottennero molti nuovi polimeri sintetici: il polistirene nel 1930, il polimetacrilato nel 1933, il Polietilene nel 1935, il Nylon, la più importante fibra tessile artificiale che si ottiene per condensazione dell'acido adipico da solo (Nylon 6) o con esametilen-diammina (Nylon 6.6) nel 1938, il polietilene a bassa densità nel 1939. Durante questo periodo venne coniata la parola "plastica" per riferirsi a questi prodotti fabbricati dall'uomo.
La Seconda Guerra Mondiale diede un grande impulso alla ricerca in questo settore, data la necessità di trovare materiali alternativi a quelli tradizionali che scarseggiavano.
Dopo la guerra, la ricerca crebbe ulterormente; fecero la loro comparsa nel 1948 il Plexiglass, messo a punto dai tecnici dell'areonautica americana, nel 1954 il polipropilene isotattico, sintetizzato da Giulio Natta (premio Nobel per la chimica nel 1963), nel 1955 polietilene ad alta densità e nel 1956 il policarbonato.

tipi di plastica:

- Termoplastiche: sono dette termoplastiche quelle materie plastiche che acquistano malleabilità, cioè rammolliscono, sotto l'azione del calore.
In questa fase possono essere modellate o formate in oggetti finiti e quindi per raffreddamento tornano ad essere rigide. Questo processo, teoricamente, può essere ripetuto più volte in base alle qualità delle diverse materie plastiche.

- Termoindurenti: sono un gruppo di materie plastiche che, dopo una fase iniziale di rammollimento dovute al riscaldamento, induriscono per effetto di reticolazione tridimensionale; nella fase di rammollimento per effetto combinato di calore e pressione risultano formabili.
Se questi materiali vengono riscaldati dopo l'indurimento non ritornano più a rammollire, ma si decompongono carbonizzandosi.

-Elastomeri: la loro caratteristica principale è una grande deformabilità ed elasticità; possono essere sia termoplastici che termoindurenti.
Nella chimica, le materie plastiche sono generalmente il risultato della polimerizzazione di una quantità di molecole base (monomeri) per formare catene anche molto lunghe. Si parla di omopolimeri se il monomero è unico, copolimeri se il polimero è ottenuto da due o più monomeri diversi, e di leghe polimeriche se il materiale è il risultato della miscelazione di due monomeri che polimerizzano senza combinarsi chimicamente.

Un materiale plastico è in genere composto da molecole polimeriche di diversa lunghezza, per cui è necessario conoscere la distribuzione dei pesi molecolari per determinare le proprietà chimico-fisiche del materiale plastico in esame.

Le materie plastiche si ottengono dalla lavorazione del petrolio.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: macteo il 18 Maggio 2011, 18:14:22
la plastica invece (prossimamente) ve la posso procurare io... vedrete che "storie" :D
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: 27 Rosso il 19 Maggio 2011, 07:36:27

Il compact disc .  (http://www.aiutamici.com/ftp/images/Emoticons/EMO_0021.gif)


Il Compact Disc Digital Audio (abbreviazioni comuni: "CD Audio", "CD audio", "cd audio", "CD-Audio", "CD-audio", "CDDA",[1] "CD-DA") è uno standard di registrazione audio digitale su compact disc, il supporto di memoria removibile attualmente più utilizzato. Lo standard è stato creato dalla Sony congiuntamente alla Philips e rilasciato nel 1980, anno in cui è iniziata la commercializzazione dei primi CD Audio.

Il CD Audio è stato la prima applicazione pratica implementata per il compact disc da cui sono derivati tutti gli altri suoi formati e utilizzi. La struttura fisica del disco e i protocolli di memorizzazione dei dati sono descritte nel cosiddetto Red Book (termine inglese che tradotto letteralmente significa "libro rosso"). Tali specifiche tecniche prevedono una capacità massima di 747 MB e audio stereofonico LPCM campionato a 44,1 kHz con campioni di 16 bit, quindi, tenendo conto dello spazio occupato per la correzione d'errore, una capacità massima di registrazione di 74 minuti.[2]

Il CD Audio è nato come formato di compact disc prestampato (quindi come memoria a sola lettura) destinato all'industria multimediale per la commercializzazione di contenuti sonori, in particolare dall'industria discografica per la commercializzazione di musica. In tali settori merceologici è stato inizialmente concorrente del disco in vinile soppiantandolo quasi completamente nel giro di una decina d'anni. Tutt'oggi rappresenta il supporto audio più utilizzato in tali settori. Con la nascita del CD-R, nel 1988, e del CD-RW, nel 1997, è diventato anche uno dei formati di registrazione più utilizzati nell'home audio soppiantando in particolare la Compact Cassette sempre nel giro di una decina d'anni.








Funzionamento

Su un compact disc il suono è memorizzato in formato digitale: l'andamento della pressione sonora è misurato (campionato) ad intervalli regolari e il valore è descritto da una sequenza di 16 bit. In conseguenza del teorema di Nyquist-Shannon, è necessario che la frequenza di campionamento sia almeno doppia rispetto alla frequenza massima del segnale da acquisire, ovvero almeno 40.000 volte al secondo per la banda audio di 20 kHz, per ciascun canale stereo.

I bit sono incisi sul disco in un'unica traccia lunga oltre 5 km sotto forma di zone (pits e lands) più o meno riflettenti la luce.

La catena di elaborazione che trasforma la traccia su disco in suono può essere divisa in quattro sezioni principali, oltre ad un microprocessore centrale che sovraintende a tutto e interagisce con l'utente.

Testina di lettura



Questa è certamente la parte più complessa ed innovativa del lettore compact disc, in quanto diversamente da tutti gli altri sistemi di riproduzione audio, la testina non tocca la superficie del supporto, ma deve essere mantenuta allineata e alla giusta distanza attraverso diversi sistemi di servocontrollo.

In particolare i problemi da affrontare sono tre:
Mantenere costante la velocità lineare del disco al di sotto della testina per avere un flusso costante di dati.

questo comporta che la velocità angolare del disco non può essere costante, ma è maggiore quando la testina è vicina al centro e minore quando si trova alla periferia.

La soluzione adottata per regolare la velocità di rotazione consiste in un buffer FIFO, una memoria in cui i dati entrano da un 'lato' e vengono prelevati dall'altro. Il prelievo di dati avviene ad un ritmo esattamente determinato da un oscillatore al quarzo per cui al variare del flusso in entrata si avrà un maggiore o minore riempimento del buffer. Il sistema di retroazione agisce sulla velocità angolare in modo da mantenere costante la quantità di dati immagazzinati.

Questo approccio consente di compensare anche variazioni causate da attriti, vibrazioni ed imprecisione del motore (wow & flutter). Un buffer di opportune dimensioni unito ad una opportuna logica permette di compensare eventuali salti di traccia.



Intensità della luce laser sulle quattro sezioni del sensore ottico
Spostare in senso radiale la testina per inseguire la traccia.

Mentre in un giradischi la testina è trascinata dal solco stesso, in un compact disc la testina non tocca il disco, per cui l'inseguimento della traccia deve essere effettuato con mezzi ottici.
La luce laser riflessa dal disco si focalizza al centro di un quadrato ai cui vertici sono presenti quattro sensori ottici. In condizioni di centratura l'intensità di luce rilevata è uguale per i quattro rivelatori, se invece la traccia e quindi il punto luminoso è lievemente scostata, il segnale è più intenso su alcuni sensori. Un circuito elettronico provvede a spostare la lente per mezzo di un campo magnetico prodotto da opportuni solenoidi all'interno dei quali è sospesa la lente di focalizzazione. Quando lo spostamento è al limite del raggio di azione della lente, l'intera testina viene traslata per mezzo di un motore elettrico.
Mantenere alla giusta distanza dal disco la lente del laser, per ottenere una costante messa a fuoco.

Guardando un giradischi, si può osservare il periodico movimento verticale della testina dovuto alla non perfetta planarità del disco. Lo stesso accade nei compact disc anche se in misura minore. Per questo è necessario regolare la messa a fuoco del laser istante per istante.

La verifica della focalizzazione è effettuata per mezzo dei quattro sensori già visti. Alla distanza ottimale il livello del segnale è al valore minimo per tutti i rivelatori.

Correzione degli errori

Poiché il compact disc non offre alcuna protezione contro la manipolazione e l'usura, è frequente la formazione sulla superficie di graffi o depositi di sporco che possono comprometterne la lettura. Per ovviare al problema sono adottate complesse tecniche di correzione di errore e di ridondanza dei dati.

In fase di scrittura, vengono innanzitutto intercalati i dati corrispondenti ai due canali stereo, dopodiché la sequenza è scomposta in spezzoni di 8 bit su cui viene effettuata la codifica EFM (Eight-to-fourteen modulation, ossia modulazione da 8 a 14 bit) per impedire che si abbiano sequenze consecutive troppo lunghe di zero o uno e contemporaneamente aumentare la ridondanza di informazione. Ai 14 bit ottenuti vengono aggiunti altri 3 bit di sincronizzazione, portando così la ridondanza al 112,5% (da 8 a 17 bit).

Dopo questa prima manipolazione, la sequenza è sottoposta ad una ulteriore elaborazione al termine della quale si ottengono raggruppamenti elementari (frame) di 588 bit. Ciascun frame è composto da 24 sottogruppi di 17 bit di dati intercalati a 8 gruppi di 17 bit per la correzione di errore, più 27 bit di sincronismo e 17 di informazioni da mostrare sul display (numero di traccia, posizione ecc). La dispersione dei blocchi di controllo permette di ricostruire i dati mancanti a causa di un ampio difetto sulla superficie del disco.

Tutte queste operazioni devono essere compiute in senso inverso dal lettore, per ricostruire la sequenza originale di 16 bit per campione per canale.

Conversione digitale/analogico

In questo fondamentale passaggio, i bit sono convertiti in segnale elettrico analogico ad opera di un convertitore digitale-analogico (DAC) per ogni canale stereo. Il segnale è campionato a 16 bit che corrispondono a 65535 livelli di tensione. In generale il funzionamento è basato su una rete di resistori dai valori opportunamente determinati, la cui precisione determina il grado di linearità del dispositivo.

All'uscita del convertitore il segnale è sottoposto ad un filtro passa-basso allo scopo di sopprimere eventuali armoniche prodotte dalla frequenza di campionamento.

Preamplificazione audio

Questa sezione è simile a quella di qualunque altro apparecchio audio analogico e comprende la funzione di regolazione del volume ed eventualmente anche quelle del tono, del bilanciamento, nonché dell'equalizzazione. Se il lettore fornisce direttamente l'uscita per cuffie o altoparlante, è presente anche un amplificatore audio. (http://www.aiutamici.com/ftp/images/Emoticons/EMO_0021.gif)
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 19 Maggio 2011, 18:32:01
La bicicletta

Il veicolo a due ruote, che si può considerare il primo antenato della bicicletta, ha una storia che risale all'antichità. Pare che i Cinesi utilizzassero carri a due ruote addirittura nel 9500 a.C. e i Sumeri oltre 8000 anni fa. In Egitto se ne trova traccia intorno al 4000 a.C. "all'epoca di quel re degli Egizi che, nel corso di una spedizione armata verso il Mar Nero, condusse al seguito delle truppe certi piccoli carri a due ruote trainati da quadrupedi"

Nel 1490 il primo abbozzo di biciletta è stato scoperto dal Prof. Augusto Marinoni verso la metà degli anni '60, durante i lavori di restauro del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci.
Il disegno, che secondo lo stesso Marinoni risale al 1490 circa, non è sicuramente di Leonardo, ma più probabilmente di uno dei suoi allievi
.(http://img811.imageshack.us/img811/7905/bicicletta.jpg)

Nel 1791,mentre l'Europa è travolta dalla Rivoluzione Francese, un nobile un po' eccentrico, il giovane Conte Mede de Sivrac, trovava il tempo di progettare e costruire una macchina elementare che battezzerà velocifero, o celerifero. Si trattava di una struttura rigida in legno, composta di assicelle che collegano due ruote, anch'esse in legno, libere di ruotare attorno a due perni. Montando a cavalcioni del velocifero, si imprimeva il movimento con la spinta dei piedi a terra. Venne presentato ai giardini di Palais Royal e divenne ben presto un lussuoso giocattolo per adulti, dando vita a forme fantasiose e bizzarre che ricordavano il corpo del cavallo, del serpente o del leone
. (http://img862.imageshack.us/img862/7914/celerifero.jpg)

Nel 1816,un ufficiale dell'esercito prussiano, il barone Karl Christian Ludwig Drais von Sauerbrohn, presenta un celerifero che ha la possibilità di sterzare manovrando sulla ruota anteriore, indipendente dalla struttura portante. La nuova macchina verrà battezzata "draisienne", italianizzata in "draisina". Drais brevettò l'invenzione tramite il suo rappresentante francese, Monsieur Dineux, che installò a Parigi un'officina e una scuola per imparare a usare il nuovo mezzo.

Nel 1830Dreuse, un ufficiale di posta della Germania, convince l'amministrazione delle poste ad adottare un triciclo di sua invenzione per la distribuzione della corrispondenza. L'esperimento però venne ben presto abbandonato perché le abbondanti nevicate avevano reso impraticabili le strade.

nel 1861,il giovane Ernest Michaux, che lavora nell'officina meccanica del padre, monta su una draisina i primi pedali, fissandoli al perno della ruota anteriore. Visto il successo, l'officina lavora dapprima a modificare le draisine in circolazione e poi a produrne di proprie, aumentando le dimensioni della ruota anteriore in modo da coprire una distanza maggiore a ogni giro di pedali. L'impresa dei Michaux fallì con un tracollo economico, ma rimane uno dei primi tentativi di produzione su larga scala. Da questo momento, per circa un ventennio, il termine più diffuso in tutta in Europa per designare il nuovo mezzo sarà "bicycle" o "biciclo"
(http://img263.imageshack.us/img263/9190/biciclo.gif)

Nel 1865-67,compaiono le prime gomme piene, applicate ai cerchioni delle ruote in legno, e i primi telai in tubi di ferro.

Nel 1869,si diffondono le prime manifestazioni sportive in molte città europee e americane; il 6 marzo si tiene a Londra il primo raduno internazionale.
Famoso a Parigi il "Velodrome Buffalo", diretto da Tristan Bernard, dove si recava spesso Toulouse-Lautrec che ci lasciò una serie di immagini di quelle manifestazioni, oltre ai manifesti pubblicitari che realizzò per le prime case costruttrici di bicicli.

Nel 1870-80,vengono fatti diversi esperimenti per consentire la trasmissione del moto tramite un sistema di cinghie elastiche e ingranaggi. Nel 1868 l'orologiaio parigino A. Guilmet fece costruire dal meccanico E. Meyer un velocipede con trasmissione a catena sulla ruota posteriore, ma la sua invenzione non ebbe fortuna. Otto anni dopo, Meyer la ripresentò come sua, applicandola anche ai tricicli. Nel frattempo lavoravano alla stessa idea i francesi Vincent e Sargent, l'americano Shergold e l'inglese Lawson. Prima della fine del secolo il problema della trasmissione del moto è risolto in modo definitivo: i pedali vengono collegti a una ruota dentata che, mediante catena snodabile, trasmette il movimento al pignone della ruota posteriore. Per coprire una distanza maggiore con un giro di pedali non è più necessario che la ruota anteriore sia gigantesca, e così la bicicletta torna alla forma originaria, con le due ruote di uguale misura, che conserva ancora oggi.

Nel 1873,in Italia viene distribuito ai reggimenti di fanteria il primo velocipede, con ruote basse e quasi uguali, interamente in legno. Inizialmente la bicicletta a uso militare venne usata solo per il servizio di corrispondenza.

Nel 1885,l'americano Goodyear scopre casualmente il processo di vulcanizzazione della gomma, osservando un miscuglio di lattice e zolfo caduto su una stufa. Il lattice di gomma fino a quel momento usato per lo più nella produzione di sovrascarpe e impermeabili, acquista così in durata e resistenza e può essere impiegato in nuovi settori: apparati medici e per ospedali, creazione di pneumatici per veicoli.

Nel 1887,l'esercito inglese, nel corso delle grandi manovre fra Easter, Canterbourgh e Dover, fa i primi esperimenti su vasta scala di impiegare corpi di velocipedisti volontari.

Nel 1888,lo scozzese G.J. Boyd Dunlop monta sul triciclo del figlio il primo pneumatico a camera d'aria. La produzione si diffonde ben presto in tutta Europa.

Nel 1889,l'irlandese W. Hume, proprietario di una fabbrica di velocipedi, presenta all'Esposizione internazionale la "Bicyclette Humatic", la prima a montare gomme pneumatiche. Da quel momento tutte le principali case produttrici che ottennero l'esclusiva di cerchiare le ruote con i pneumatici Dunlop adottarono il nome di bicicletto, o bicicletta.

Nel 1894,viene fondato il Touring Club Ciclistico Italiano, con l'intento di diffondere il cicloturismo in tutta Italia. Dai 774 soci iniziali, arriverà ad averne oltre mezzo milione nel 1940.

Nel 1898,nascono le prime milizie ciclistiche. In Italia, nel 1900 esistevano già quattro compagnie di bersaglieri ciclisti e nel 1909 la Bianchi ricevette una commissione per fornire le prima biciclette pieghevoli ai reparti ciclisti dell'Esercito Italiano.

E nel 1903,prendono il via la prima grande gara ciclistica su strada, il Tour de France e, in Italia, la Milano-Torino. Seguono il Giro di Lombardia, quello del Piemonte, la Milano-Sanremo e, nel 1909, il primo Giro d'Italia, organizzato dalla Gazzetta dello Sport.

Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 26 Maggio 2011, 21:01:18
Cerniera lampo

Il primo meccanismo che in qualche modo può essere indicato come l'antenato della cerniera fu inventato nel 1851 da Elias Howe (1819–1867), lo stesso inventore della macchina per cucire, che brevettò una "chiusura automatica continua per abiti", composta da una serie di ganci uniti da un cordoncino che scorreva su denti metallici. Tuttavia Howe non pensò di commercializzare la sua invenzione.

Il primo miglioramento fu portato dall'ingegnere americano di Chicago Whitcomb Judson (1812-1909) che il 29 agosto 1893 depositò il brevetto di una "chiusura di sicurezza separabile" (clasp cocker), che aveva come obiettivo quello di sostituire le stringhe di scarpe e stivali, un dispositivo simile al brevetto del 1851 di Howe costituito da una fila di uncini che si inseriscono in altrettanti occhielli posti in un'altra fila opposta, ganci che potevano essere chiusi o aperti sia manualmente che mediante un attrezzo scorrevole. Per la produzione e la commercializzazione di questo prodotto Judson fondò insieme con l'uomo d'affari Lewis Walker la Universal Fastener Company. Con quel marchio presentò la chiusura, sempre nel 1893, alla Esposizione Mondiale di Chicago. Ma il clasp cocker, a causa dell'inaffidabilità del meccanismo, non ebbe il successo sperato.

Dieci anni dopo, nel 1904, al sistema migliorato venne dato il nome di "C Curity", che in lingua inglese si legge allo stesso modo di security (cioè sicurezza). Questo dispositivo aveva anche il vantaggio di essere costruito non più a mano, ma con una macchina che lo stesso Judson aveva brevettato nel 1902. Nel frattempo la cosa stuzzicò l'interesse anche di altri inventori. Così nel 1911 comparve un brevetto svizzero che assomigliava già all'attuale chiusura lampo perché non aveva ganci.
Il sistema sarà poi perfezionato dallo svedese Gideon Sundback (1880-1954), un ingegnere nato in Svezia ma trasferitosi in Canada. Assistente tecnico elettrotecnico, fu assunto nel 1906 alla Universal Fastener Company. Le buone capacità nel disegno e il matrimonio con Elvira Aronson, figlia del responsabile progetti, condussero Sundback fino alla posizione di progettista capo alla Universal con il compito di migliorare "il fermo lungi dall'essere perfetto" di Judson. Quando la moglie di Sundback morì nel 1911, il marito, addolorato, si dedicò totalmente ai suoi disegni e prima del dicembre 1913, aveva progettato la chiusura lampo moderna. Gideon Sundback aumentò il numero di elementi di legatura da quattro per pollice a dieci o undici, ed ebbe l'idea di fissare la cerniera su due nastri di stoffa per semplificarne l'installazione, aumentando l'apertura per i denti guidati del cursore unico. Il brevetto per "il fermo separabile" fu registrato nel 1917. In quello stesso anno un sarto di New York utilizzò il nuovo congegno per una cintura con tasche data in dotazione ai marinai americani. In quell'anno vennero vendute 24 mila chiusure lampo. È proprio a Sundback che gli storici attribuiscono l'invenzione della cerniera. All'inizio venne utilizzata solo per chiudere le piccole taschine poste sulle cinture e le tabacchiere, ma durante la prima guerra mondiale l'esercito americano utilizzò le cerniere di Sundback per chiudere le tasche delle uniformi dei militari. Ma ci vollero venti anni per convincere l'industria di moda a promuovere seriamente la cerniera lampo sugli indumenti.

Il nome popolare "zip" apparve nel 1923 quando la BFGoodrich Company iniziò a produrre delle galosce di gomma con la cerniera di Gideon alle quali venne dato il nome Zipper Boot. Il successo fu tale che, nel 1934, la ditta produttrice Faestener arrivò a vendere 60 milioni di pezzi.

L'industria dell'abbigliamento e della moda si avvicinò alla cerniera lampo solo nei primi anni '30, quando una campagna di vendite promosse le cerniere lampo nei vestiti per bambini, facendo leva sull'indipendenza nel vestirsi da sé che i giovani avrebbero avuto grazie alle zip. Fu proprio in quel periodo che la stilista italiana Elsa Schiaparelli utilizzò per prima la cerniera lampo senza nasconderla nel tessuto. L'adozione definitiva si ebbe nel 1937 grazie ad alcuni stilisti francesi che introdussero la lampo nei pantaloni per uomini. Nel 1937 la rivista di moda Esquire descrisse la cerniera lampo come "innovativa idea sartoriale" e tra i numerosi vantaggi vi trovò quello di "evitare la possibilità di involontari e imbarazzanti errori e disordini" nell'abbigliamento maschile. Il 1º gennaio 1934 fu fondata da Tadao Yoshida in Giappone la YKK (Yoshida Kogyo Kabushikikaisha), ancora oggi la più grande azienda di cerniere lampo. La YKK con 36.000 dipendenti che lavorano in 257 impianti produttivi e uffici in 66 Nazioni nel mondo, produce 2 milioni di chilometri di cerniere lampo ogni anno. Da allora la storia della chiusura lampo è ricca di innovazioni e anche di radicali cambiamenti e a partire dal secondo dopoguerra il metallo viene sostituito da materiali sintetici. Una rivoluzione che ha investito soprattutto le macchine che costruiscono le chiusure lampo. Intanto nuove e insospettabili applicazioni si stanno delineando. Esse riguardano chiusure per oggetti sia molto piccoli che molto grandi e, addirittura, la chirurgia. In questo ultimo campo si è alla ricerca di una chiusura lampo a tenuta d'aria, di materiale chimicamente inerte, capace di sostituire i punti in quelle incisioni che è necessario aprire più volte per accedere a una protesi. Una spinta ulteriore per la cerniera lampo è venuta con la possibilità di apertura su entrambe le estremità, come accade per i rivestimenti, per le merci e per i bagagli.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: 27 Rosso il 28 Maggio 2011, 08:36:28



                                            (http://t3.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcS9OFahsjpOakz5hS7Ifw72CFjCUG_g6_f_fS8LOF7pU4YGUnmRTA)

                                                       Velcro



Velcro è il nome di una azienda che produce un metodo di chiusura inventato da Georges de Mestral agli inizi degli anni 1950. Il relativo brevetto risale al 1955.

L'idea gli venne di ritorno da un passeggiata in campagna. Arrivato a casa si accorse di avere dei minuscoli fiori rossi (fiori di bardana) attaccati alla giacca. Colto dalla curiosità, li analizzò al microscopio e scoprì che erano fiori che sul calice avevano degli uncini, il quale permettevano la loro diffusione incastrandosi ovunque, anche nelle anse formate dai peli del tessuto della giacca.

La parola "Velcro" è un nome commerciale ed è un acronimo che deve la sua origine alle iniziali di VELours (velluto) e CROchet (gancio).

Il velcro, prodotto in nylon, è costituito da due parti differenti:
una striscia di tessuto peloso, chiamata asola (loop) simile ad un velluto non tagliato o ad una spugna, con un fondo rigido da cui spuntano gli anelli del pelo.
una striscia di tessuto con uncini, chiamata uncino (hook) dal fondo rigido spuntano dei piccoli uncini flessibili in materiale duro.

Le due strisce vengono cucite o incollate sui due lati da chiudere e quando vengono messe a contatto la parte con uncini si aggancia saldamente alla parte pelosa; per riaprire bisogna applicare una certa forza per staccarle una dall'altra. Quando la parte a uncini si sporca, raccogliendo pelucchi e fibre, il velcro perde aderenza e bisogna rimuovere i pelucchi perché torni alle capacità adesive iniziali.

Le caratteristiche del velcro, fanno si che possa aprirsi facilmente ma, al tempo stesso, rimanere ben chiuso quando è necessario.

Un quadrato di 12 cm di lato può resistere a 1 tonnellata di peso.

E da tenere presente che la durata dell'aggangiamento con buona capacità di tenuta tra le due componenti è limitata ad un numero variabile di applicazioni, di norma 200-300 , più si utilizza e più decresce la forza del legame tra le due parti.

A causa delle sue caratteristiche di resistenza e di facile e rapida apertura/chiusura, il velcro è molto spesso utilizzo per confezionare chiusure a strappo. Le chiusure a strappo (o velcro) sono molto comuni nell'industria tessile e delle confezioni, sostituendo bottoni o cerniere lampo.

La resistenza della chiusura a strappo la vede applicata ampiamente nella costruzione di automobili, così come nell'industria elettronica come chiusura per custodie di computer o semplicemente per valigie e zaini. Viene utilizzato per la chiusura di abbigliamento, scarpe, borse, zanzariere e articoli sportivi. Si trova in commercio oltre che a strisce anche sagomato e con diversi colori. Il velcro viene usato nella confezione di tendaggi e moquette ed è parte integrante di certi bendaggi ortopedici.

Grazie a questa caratteristica, i tecnici aerospaziali della NASA, hanno pensato di equipaggiare gli astronauti di questa invenzione nei loro viaggi, nei quali serve per tenere temporaneamente in una posizione fissa tutti gli oggetti dell'abitacolo.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 31 Maggio 2011, 18:22:31
forbici

I primi esempi di cesoie risalgono all'Egitto tolemaico: ne è stato ritrovato un paio in bronzo risalente al 300 a.C., mentre le prime cesoie a perno rinvenute risalgono all'epoca romana e sono datate attorno al 100 d.C. Dobbiamo a Isidoro di Siviglia, nel V secolo d.C., la prima descrizione dettagliata di vere e proprie forbici, utilizzate da sarti e barbieri.

Non ci furono grandi innovazioni nella produzione fino al 1761, quando Robert Hincliffe (che fondò la prima manifattura di forbici) produsse il primo paio di forbici realizzate con acciaio fuso, temprato e lucidato. Hincliffe dovette risolvere una serie di problemi tecnici, prima fra tutte la realizzazione dei buchi dell'impugnatura.

Due importanti centri tradizionali di produzione di forbici in Italia sono Premana e Canzo.
[modifica] Meccanica e realizzazione delle forbici

Le forbici sono basate su di una leva doppia di primo genere, il cui fulcro risiede nel perno centrale. Per aumentare il vantaggio meccanico, riducendo lo sforzo necessario, è pertanto necessario posizionare il materiale da tagliare il più vicino possibile al perno stesso. In alcuni modelli speciali di forbici (per esempio in quelle destinate al taglio della lamiera metallica), il vantaggio viene aumentato mediante l'utilizzo di una impugnatura molto lunga, che aumenta la lunghezza del braccio-potenza.

Le lame delle forbici vengono realizzate leggermente ricurve, allo scopo di migliorare il taglio. Questa particolare conformazione rende complicata la molatura, in quanto la mola deve seguire un profilo costantemente diverso. Oggi l'affilatura viene eseguita mediante l'utilizzo di macchine automatiche.

Nell'antichità le forbici erano basate su una leva del terzo genere, con una forma analoga ancora oggi usata nelle forbici da tosatura (si veda l'illustrazione), costituite da due lame unite da un ferro ad U, nella cui estremità è posto il fulcro. Il tagliacarte forma, insieme all'avambraccio dell'utilizzatore, una leva di terzo genere, con il fulcro nel gomito e la potenza nel muscolo; il sistema costituito da avambraccio e tagliacarte è in questo senso equivalente a ciascuna delle due parti delle forbici da tosatura. Anche in questi casi, il vantaggio meccanico si riduce spostando il punto di taglio verso l'esterno.

La forma delle forbici non è cambiata molto nell'ultimo secolo. Le principali innovazioni sono state l'utilizzo di plastica invece dell'ottone, la forma piatta delle lame e talvolta l'utilizzo di un rivetto in sostituzione della vite come perno.

[modifica] Forbici per mancini
Forbici per mancini (a sinistra) e per destrimani (a destra).

L'utilizzo delle forbici costituisce un problema per le persone mancine in quanto l'intero strumento non è simmetrico; anche nel caso l'impugnatura lo fosse, ciò non accade per le lame. Girando lo strumento di 180 gradi, la lama inferiore (che diventa quella superiore) oscura alla vista la linea di taglio. Se invece non lo si girasse, le lame taglierebbero all'esterno della forbice invece che all'interno: così facendo, gli spostamenti laterali delle dita durante il taglio tenderebbero ad allontanare le lame invece che facilitare il taglio (come accade quando le lame sono poste all'interno).

Per ovviare a questi inconvenienti, sono da tempo in commercio forbici per mancini, che presentano le lame invertite. Per lo stesso motivo, nelle forbici tagliaunghie si cerca di massimizzare la simmetria delle lame
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 27 Giugno 2011, 16:19:30
Spazzolino da denti

Una varietà di strumenti per l'igiene orale sono stati utilizzati fin dalla prima storia documentata. Questo è stato verificato da vari scavi fatto in tutto il mondo, tramite cui sono stati recuperati bastoni da masticare, ramoscelli d'albero, piume di uccelli, ossa di animali e aculei di porcospino. Il primo spazzolino registrato della storia è stato nel 3000 a.C., esso era un bastone da masticare, costituito da un ramoscello con un finale sfilacciato.

Molti popoli hanno utilizzato varie forme di spazzolini da denti attraverso i secoli. Dei documenti attestano che le popolazioni indiane utilizzarono i rametti di Azadirachta indica e dell'albero di banana per creare spazzolini da denti ed altri prodotti per l'igiene orale per millenni. La punta del ramoscello di Azadirachta indica veniva masticata fino a quando non diventava morbida e flessibile, e veniva quindi utilizzata per lavarsi i denti. Nel mondo musulmano, masticare ramoscelli d'albero, o le radici ed i ramoscelli dell'albero Salvadora persica, che hanno proprietà antisettiche, era pratica comune. L'utilizzo dei ramoscelli d'albero risale almeno al tempo del profeta Maometto, dove è documentato il suo uso. Lo sfregamento di bicarbonato di sodio o gesso contro i denti è stata una pratica comune nella storia. I primi utilizzavano una pannocchia di mais e sale per lavarsi i denti.

Il maestro giapponese di Zen Dogen Kigen registrò sul Shōbōgenzō di aver visto alcuni monaci pulire i denti con uno spazzolino quando era stato in Cina nel 1223. Tali spazzolini erano costituiti da un pennello con peli di coda di cavallo attaccati ad un bastoncino in osso di bue.

La prima identificazione scritta in inglese dell'uso dello spazzolino è sull'autobiografia di Anthony Wood nel 1690, dove in una frase di comprare uno spazzolino da denti usato da un uomo di nome J. Barret[1].

A William Addis d'Inghilterra è attribuita la creazione del primo spazzolino prodotto in serie, nel 1780[2][3]. Nel 1770 egli era stato messo in carcere per aver causato una rivolta. Mentre era in prigione, decise che il metodo per lavarsi i denti nel tempo - strofinando uno straccio su i denti con la fuliggine ed il sale - avrebbe potuto essere migliorata. Quindi prese un piccolo osso di animale, con dei fori in esso, ottenne alcune setole da una guardia, legate in ciuffi, e passò le setole attraverso i fori nell'osso incollandole. Ben presto divenne molto ricco. Morì nel 1808 e lasciò l'attività a suo figlio maggiore, Guglielmo II.
Viene insegnato ad un bambino come utilizzare uno spazzolino da denti.

Il primo brevetto per uno spazzolino da denti fu di H.N. Wadsworth nel 1857 (brevetto americano n°18.653) negli Stati Uniti, ma la produzione di massa del prodotto in America è cominciata solo nel 1885. Il design, piuttosto avanzato, aveva un manico in osso con dei fori in cui erano inseriti peli di cinghiale siberiano come setole. I peli di cinghiale non furono un materiale ideale: trattenevano i batteri se non asciugati bene, e spesso le setole cadevano dal pennello. Non è successo fino alla seconda guerra mondiale, tuttavia, che il concetto di pulizia dei denti prendesse veramente piede negli Stati Uniti; in parte perché il servizio di pulizia giornaliero dei soldati americani comprendeva la pulizia dei denti. E questa fu una pratica che mantennero nella loro vita dopo la conclusione della guerra.

Setole naturali (costituite da peli di animali) furono sostituite da fibre sintetiche, di solito in nylon, da DuPont nel 1938. Il primo spazzolino a setole di nylon, realizzato con fili di nylon, fu messo in vendita il 24 febbraio 1938. Il primo spazzolino elettrico, il Broxodent, fu introdotto dalla società Bristol-Myers (ora Bristol-Myers Squibb) al centenario dell' American Dental Association nel 1959. Nel gennaio 2003, lo spazzolino da denti fu scelto come "l'ivenzione americana numero uno per la quale non non era possibile vivere senza, battendo l'automobile, il computer, il telefono cellulare, ed il forno a microonde", secondo la Lemelson-MIT Invention Index.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 28 Giugno 2011, 17:19:11
La Pasta

Il vocabolo pasta viene dal termine păsta, dal greco πάστα con significato di 'farina con salsa' che deriva dal verbo pássein cioè 'impastare'. Si attesta a partire dal 1310 anche se a cercare le origini della pasta, chiamata con altri nomi, si può tornare indietro fin quasi all'età neolitica (circa 8000 a.C.) quando l'uomo cominciò la coltivazione dei cereali che ben presto imparò a macinare, impastare con acqua e cuocere o seccare al sole per poterli conservare a lungo. La pasta è infatti un cibo universale di cui si trovano tracce storiche in tutto il continente euroasiatico. Acquisisce una posizione particolarmente importante in Italia e in Cina dove si sviluppano due prestigiosi filoni di tradizione gastronomica che si completano a vicenda ma di cui rimane difficile stabilire i rapporti proprio per la complessità dei percorsi intermedi.
   
Chi mai fosse tra i ghiottoni
L'inventor dei maccheroni
Vi son dispute infinite
Né decisa è ancor la lite

   
( G. Columbro, Le muse familiari, in «Molini d'Italia», n. 4, 1984)

La testimonianza più antica, databile intorno ai 4000 anni fa, è data da un piatto di spaghetti di miglio rinvenuti nel nord-ovest della Cina presso Lajia sotto tre metri di sedimenti.L'invenzione cinese viene tuttavia considerata indipendente da quella occidentale perché all'epoca i cinesi non conoscevano il frumento caratteristico delle produzioni europee e arabe.
In verità possiamo trovare tracce di paste alimentari già tra gli Etruschi, Arabi, Greci e Romani.

Chiara la testimonianza per gli Etruschi fatta a Cerveteri dalla tomba della Grotta Bella, risalente al IV secolo a.C., dove alcuni rilievi sono a raffigurare degli strumenti ancora oggi in uso per la produzione casalinga della pasta come spianatoia, matterello e rotella per tagliare.

Per il mondo greco e quello latino numerose sono le citazioni fra gli autori classici, fra cui Aristofane e Orazio,che usano i termini làganon (greco) e laganum (latino) per indicare un impasto di acqua e farina, tirato e tagliato a strisce. Queste lagane, ancora oggi in uso nel sud d'Italia (da cui anche laina), considerate inizialmente cibo dei poveri, acquisiscono tanta dignità da entrare nel quarto libro del De re coquinaria del leggendario ghiottone Apicio. Egli ne descrive minuziosamente i condimenti tralasciando le istruzioni per la loro preparazione, facendo supporre che fosse ampiamente conosciuta.

Per gli Arabi, Ziryab, musicista, ma anche appassionato gastronomo del IX secolo d.C., descrive impasti di acqua e farina assimilabili alle paste.Ne Il diletto per chi desidera girare il mondo o Libro di Ruggero pubblicato nel 1154, Al-Idrisi, geografo di Ruggero II di Sicilia, descrive Trabia, un paese a 30 km da Palermo, come una zona con molti mulini, dove si fabbricava una pasta a forma di fili chiamata itrya (dall'arabo itryah che significa "focaccia tagliata a strisce"), che veniva spedita con navi in abbondanti quantità per tutta l'area del Mediterraneo sia musulmano sia cristiano dando origine ad un commercio molto attivo. Questa è la prima testimonianza scritta sulla pasta che poi entrerà nella storia.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 08 Luglio 2011, 19:33:36
Spazzolino da denti

Una varietà di strumenti per l'igiene orale sono stati utilizzati fin dalla prima storia documentata. Questo è stato verificato da vari scavi fatto in tutto il mondo, tramite cui sono stati recuperati bastoni da masticare, ramoscelli d'albero, piume di uccelli, ossa di animali e aculei di porcospino. Il primo spazzolino registrato della storia è stato nel 3000 a.C., esso era un bastone da masticare, costituito da un ramoscello con un finale sfilacciato.

Molti popoli hanno utilizzato varie forme di spazzolini da denti attraverso i secoli. Dei documenti attestano che le popolazioni indiane utilizzarono i rametti di Azadirachta indica e dell'albero di banana per creare spazzolini da denti ed altri prodotti per l'igiene orale per millenni. La punta del ramoscello di Azadirachta indica veniva masticata fino a quando non diventava morbida e flessibile, e veniva quindi utilizzata per lavarsi i denti. Nel mondo musulmano, masticare ramoscelli d'albero, o le radici ed i ramoscelli dell'albero Salvadora persica, che hanno proprietà antisettiche, era pratica comune. L'utilizzo dei ramoscelli d'albero risale almeno al tempo del profeta Maometto, dove è documentato il suo uso. Lo sfregamento di bicarbonato di sodio o gesso contro i denti è stata una pratica comune nella storia. I primi utilizzavano una pannocchia di mais e sale per lavarsi i denti.

Il maestro giapponese di Zen Dogen Kigen registrò sul Shōbōgenzō di aver visto alcuni monaci pulire i denti con uno spazzolino quando era stato in Cina nel 1223. Tali spazzolini erano costituiti da un pennello con peli di coda di cavallo attaccati ad un bastoncino in osso di bue.

La prima identificazione scritta in inglese dell'uso dello spazzolino è sull'autobiografia di Anthony Wood nel 1690, dove in una frase di comprare uno spazzolino da denti usato da un uomo di nome J. Barren.

A William Addis d'Inghilterra è attribuita la creazione del primo spazzolino prodotto in serie, nel 1780.Nel 1770 egli era stato messo in carcere per aver causato una rivolta. Mentre era in prigione, decise che il metodo per lavarsi i denti nel tempo - strofinando uno straccio su i denti con la fuliggine ed il sale - avrebbe potuto essere migliorata. Quindi prese un piccolo osso di animale, con dei fori in esso, ottenne alcune setole da una guardia, legate in ciuffi, e passò le setole attraverso i fori nell'osso incollandole. Ben presto divenne molto ricco. Morì nel 1808 e lasciò l'attività a suo figlio maggiore, Guglielmo II.
Viene insegnato ad un bambino come utilizzare uno spazzolino da denti.

Il primo brevetto per uno spazzolino da denti fu di H.N. Wadsworth nel 1857 (brevetto americano n°18.653) negli Stati Uniti, ma la produzione di massa del prodotto in America è cominciata solo nel 1885. Il design, piuttosto avanzato, aveva un manico in osso con dei fori in cui erano inseriti peli di cinghiale siberiano come setole. I peli di cinghiale non furono un materiale ideale: trattenevano i batteri se non asciugati bene, e spesso le setole cadevano dal pennello. Non è successo fino alla seconda guerra mondiale, tuttavia, che il concetto di pulizia dei denti prendesse veramente piede negli Stati Uniti; in parte perché il servizio di pulizia giornaliero dei soldati americani comprendeva la pulizia dei denti. E questa fu una pratica che mantennero nella loro vita dopo la conclusione della guerra.

Setole naturali (costituite da peli di animali) furono sostituite da fibre sintetiche, di solito in nylon, da DuPont nel 1938. Il primo spazzolino a setole di nylon, realizzato con fili di nylon, fu messo in vendita il 24 febbraio 1938. Il primo spazzolino elettrico, il Broxodent, fu introdotto dalla società Bristol-Myers (ora Bristol-Myers Squibb) al centenario dell' American Dental Association nel 1959. Nel gennaio 2003, lo spazzolino da denti fu scelto come "l'ivenzione americana numero uno per la quale non non era possibile vivere senza
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 14 Luglio 2011, 19:59:04
Il Fumetto

La storia di questo linguaggio, fenomeno del XX secolo ma con radici nel secolo precedente, può essere fatta risalire all'epoca delle caverne, quando cioè i primi esseri umani realizzarono i graffiti per raccontare le loro battute di caccia ed episodi di vita quotidiana. Quello che guarda caso (specie per la seconda situazione) fanno i comics, o strips che dir si voglia.

Il personaggio che diede il via all'industria del fumetto statunitense come fenomeno di massa fu Yellow Kid, il bimbo vestito di giallo su cui vestito venivano scritte le battute che diceva nato dalla fantasia di R.F. Outcault, tanto che tale personaggio dà nome a un importante premio italiano del fumetto. Stando a ricerche successive, però, il primo fumetto moderno risalirebbe a molto prima, e precisamente ai personaggi di Max e Moritz creati dall'autore ginevrino Rodolphe Töpffer tra il 1827 e il 1833.

Tra i primi e più citati, oltre a Outcault, Winsor McCay, Lyonel Feininger. Da allora in poi, grazie ai quotidiani di racconti, lentamente, diventati il principale mezzo di diffusione di questo nuovo genere, il fumetto ha raggiunto una buona popolarità, pur restando, in alcuni paesi, un mercato di nicchia.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Onlyford il 14 Luglio 2011, 20:03:24
Calcio

Il gioco del calcio sembra avere origini antichissime. Tracce di giochi simili sono rintracciabili in diversi luoghi ed epoche. Un antico gioco con la palla era praticato già in Giappone verso l'XI secolo a.C.. Nello stesso periodo in Cina era molto diffuso il Tsu-chu (letteralmente: palla di cuoio sospinta dal piede), che impiegava un pallone ripieno di piume e capelli femminili, bisognava infilare il pallone in un buco sostenuto da due canne di bambù, utilizzando unicamente i piedi. Un manuale militare risalente al periodo della dinastia di Han, includeva questa disciplina fra le esercitazioni di formazione fisica. Un manoscritto del 50 a.C., conservato a Monaco, attesta l'introduzione del tsu-chu in Giappone e la disputa d'incontri internazionali tra le squadre dei due Paesi.

Sempre in Giappone risulta si giocasse il Kemari più giovane di circa 500-600 anni rispetto a quello cinese e tuttora praticato. In uno spazio relativamente piccolo, i giocatori dovevano passarsi, senza che questo toccasse terra, un involucro di cuoio al cui interno era inserita una vescica di animale gonfiata.

Altre testimonianze arrivano dalla Grecia antica dove, intorno al IV secolo a.C., si affermò l'Episkyros mai però inserito tra le discipline olimpiche del tempo. Altri giochi che prevedevano l'uso della palla erano l'urania, la feninda, l'aporraxis.

A Roma questo gioco si trasformò nell'Harpastum che deriva il suo nome dal termine greco arpazo, con il significato di strappare con forza, afferrare. Si utilizzava una piccola palla e due squadre si affrontavano in un campo rettangolare delimitato da linee di contorno e da una linea centrale. Lo scopo era quello di riuscire a poggiare la palla sulla linea di fondo del campo avversario. Erano permessi i passaggi sia con le mani che con i piedi ed ogni giocatore ricopriva un ruolo ben preciso. Marziale descrisse due tipi di pallone usati a quei tempi: la pila paganica (adoperata specialmente dai contadini) fatta di cuoio e piena di piume e la follis, sempre di cuoio ma con camera d'aria costituita da una vescica. Il gioco continuò ad essere popolare per circa 700-800 anni e praticato principalmente dai legionari che, combattendo in tutta Europa, ne permisero la sua diffusione.

Nel Medioevo i giochi con il pallone furono soprattutto espressione dell'antagonismo tra villaggi o tra fazioni dello stesso villaggio: perse le regole dell'antichità, obbedivano da luogo a luogo a norme diverse. Verso la fine del 1200 arrivano notizie della presenza di un gioco con la palla, il Large-football dalle Isole Britanniche. Una cronaca londinese del 1175, narra i timori del popolo per la violenza con cui si giocava al pallone durante il carnevale. Un secolo dopo, per questa sua natura violenta, il gioco fu regolato o addirittura proibito. Il 13 aprile 1314 il Re Edoardo II proibisce la pratica del gioco a Londra e nei luoghi pubblici. Nel 1388, con un editto del Re Enrico V, il gioco fu messo definitivamente al bando. Proibito in Inghilterra, si era ormai diffuso nei territori vicini e soprattutto in Scozia e Francia.

In Francia, nello stesso periodo, si giocava esclusivamente con i piedi e in modo assai violento la Savate. Una lettera di grazia (1374), parla della Soule come di contesa col pallone da lungo tempo praticata tra villaggi.

Ma la città dove il gioco del calcio ebbe il massimo fulgore fu la Firenze medicea. Il vocabolario della Crusca, edito a Venezia nel XVIII secolo, dà del gioco del calcio questa definizione: È calcio anche nome di gioco, proprio e antico della città di Firenze, a guisa di battaglia ordinata con una palla a vento, somigliante alla sferomachia, passata dai Greci ai Latini e dai Latini a noi. Il calcio fiorentino, assai diffuso a quei tempi, dava luogo a incontri ufficiali nelle grandi ricorrenze tra i partiti dei verdi e dei bianchi, rispettivamente della riva sinistra e destra dell'Arno. Il campo di gioco era Piazza Santa Croce ed il partito che vinceva si appropriava delle insegne avversarie. Ogni partito era formato da 27 giocatori: 15, divisi in tre gruppi di 5, formavano la linea degli innanzi che aveva compiti di attacco; 5, chiamati sconciatori, formavano la seconda linea e avevano il compito d'intralciare le manovre avversarie; 4 componevano la terza linea ed erano i datori innanzi, rilanciavano cioè la palla verso gli innanzi; 3, infine, formavano l'estrema linea dei datori indietro, che impedivano agli innanzi avversari di raggiungere con la palla il fondo del campo e conquistare una caccia. Attualmente quell'antico gioco è ricordato a Firenze, ogni anno, con una fedele ricostruzione in costume. Nel XVII secolo un gioco simile al calcio fiorentino si praticava anche a Venezia e Bologna, dove però era stato proibito nel 1580.
Titolo: Re: La storia degli oggetti piu comuni...
Inserito da: Claudio M il 15 Luglio 2011, 19:12:47
Citazione di: macteo il 18 Maggio 2011, 08:35:22
Citazione di: Onlyford il 17 Maggio 2011, 23:17:29
chewing gum

NOVITà

E  Il chewing gum allarga i suoi orizzonti: è stato brevettato negli Usa quello al Viagra. Wringley, una delle più note marche di gomma americana, ha ottenuto la licenza del governo americano per realizzare una gomma a base di Viagra La gomma al Viagra  arriverà  sugli scaffali delle farmacie  nel 2011. Secondo Wringley, il chewing gum  offrirà  «un miglior dosaggio e metodo di assunzione» rispetto alla pillola di viagra.

L'azienda dove lavora mia moglie è proprietaria del marchio Wrigley (senza la G)... per chi fosse interessato si accettano prenotazioni :D :D :D

Conosco uno che me fa grande uso.